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Riparte il lavoro, riparte l’Italia

Il Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte il 21 aprile ha reso un’informativa sulle iniziative che il governo sta adottando al fine di allentare le misure restrittive in vigore in Italia dal 9 marzo.

Nonostante le vittime e i contagi sono ancora presenti in un numero consistente, la protezione civile registra un calo delle terapie intensive e del numero dei ricoverati. La situazione epidemica causata dal Coronavirus (Covid-19) alla fine del mese di aprile, appare stabile e sotto controllo.

Per questi motivi negli ultimi giorni si stanno delineando le linee guida che porteranno alla fine del così detto lockdown e all’inizio della fase 2 che dovrebbe partire il 4 maggio.

Per il Presidente del Consiglio sarà necessaria “una revisione del modello organizzativo del lavoro, delle modalità del trasporto pubblico e privato e di tutte le attività connesse”. Tutto lascia presagire dunque che le misure di distanziamento sociale saranno in qualche forma adottate per lungo tempo, almeno fino a quando non sarà sperimentato un vaccino in grado di proteggere i cittadini dal virus.

In questo articolo, sulla base delle notizie ufficiali riportate alla fine di aprile, è analizzato cosa prevede e come funziona la fase 2, chi riapre; cosa sarà consentito ai cittadini e ai lavoratori e quali gli spostamenti ammessi; come cambierà l’autocertificazione e quali misure sono state pensate per i figli e i bambini in generale.

Fase 2: cosa prevede e come funziona

Sulla base di quanto riferito dal premier Conte in parlamento nell’ultima informativa del 21 aprile sulle iniziative del Governo per far fronte all’emergenza Covid-19, è emerso:

Le misure per il distanziamento sociale e l’utilizzo di dispositivi per la protezione individuale saranno mantenute fino a quando non sarà disponibile una specifica terapia e un vaccino.

Verranno adottate misure per il rafforzamento delle reti sanitarie e intensificata la presenza di “Covid hospital

I test molecolari (tamponi) e i test sierologici (analisi del sangue), continueranno ad essere utilizzati al fine di monitorare lo stato epidemiologico del Paese.

Verrà rafforzata la strategia di mappatura dei contatti e di teleassistenza.

Secondo quanto dichiarato dal ministro degli Affari regionali Boccia, le “linee guida saranno valide per tutti” ma se qualche Regione vorrà imporre criteri più restrittivi causati da nuovi focolai, potrà farlo.

Le misure inerenti agli spostamenti, ai mezzi pubblici, all’App per il monitoraggio degli spostamenti “Immuni”, e agli stabilimenti balneari sono state delineate nel documento dell’Inail che traccia il percorso per la “rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie per la prevenzione”.

Inoltre, la task force guidata da Vittorio Colao, ha consegnato al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte il documento contenente le linee guide per la fase 2. Il documento è strutturato in nove punti tematici che serviranno a orientare le decisioni del governo nei prossimi giorni.

Chi riapre

Il lockdown sarà abbandonato in maniera graduale a seconda del tipo di attività. In dettaglio:

Lunedì 27 aprile, riapriranno la maggior parte delle fabbriche; la Fiat in accordo con i sindacati permetterà il rientro sul posto di lavoro a circa 10.000 unità nei vari stabilimenti. La maggior parte dei lavoratori che rientreranno sono i 7.000 operai e dirigenti della Sevel di Atessa (CH) e i 750 lavoratori che torneranno alle proprie mansioni nella grande fabbrica di Melfi. Sempre il 27 aprile, aumenterà il numero di dipendenti in altre grandi imprese come ad esempio Fincantieri. È prevista inoltre la riapertura di molte fabbriche tessili.

A partire da lunedì 4 maggio, dovrebbe essere consentita la riapertura e il ritorno a lavoro di tutto il settore industriale, compreso la meccanica e l’industria del legno. È prevista la riapertura degli uffici pubblici e probabilmente delle banche, i cui sportelli al momento lavorano a metà servizio. Per il 4 maggio è altresì programmato il ripristino dei trasporti pubblici, tuttavia gli studi sulle modalità di riapertura di questo settore sono ancora al vaglio degli esperti.

L’11 maggio dovrebbe ricominciare a funzionare appieno il servizio postale italiano, alcuni comparti commerciali, la maggioranza dei negozi e gli uffici privati.

Entro il 18 maggio ci si aspetta che vengano delineate le regole per la riapertura di bar, ristoranti, pizzerie e alberghi. La certezza è che lo svolgimento di queste attività sarà condotto sotto l’osservanza di misure stringenti. Tutti i locali pubblici dovranno garantire infatti il rispetto delle regole di distanziamento sociale.

Tutte le attività non sopra citate sono ancora sotto lo studio degli esperti, riguardo le palestre, i centri sportivi e centri benessere, al momento non si hanno notizie precise. I dubbi sollevati dalla task force di Vittorio Colao, sono giustificati dal fatto che le attività ad alta aggregazione sociale presentano elevati rischi di contagio.

Sulla stessa lunghezza d’onda la questione stadi, la ripresa del campionato italiano di calcio, nonostante gli enormi interessi che gravitano intorno al settore e le conseguenti pressioni da parte degli addetti ai lavori, rimane incerta. Un discorso analogo vale per i concerti e i grandi eventi, dove non sono presenti ipotesi sul quando si potrà tornare alla normalità.

Oggetto di dibattito e scontro è la questione dei centri estivi per bambini, il presidente del Consiglio superiore della sanità Franco Locatelli, ha dichiarato che per l’estate 2020, le famiglie “se li possono dimenticare” di tutt’altro avviso è invece il ministro della Famiglia Elena Bonetti che ha risposto: “Non sarà così”.

Cosa cambia per i cittadini

Cosa potranno fare concretamente i cittadini a partire da lunedì 4 maggio? Le indicazioni fin ora trapelate sono insufficienti per fornire un quadro dettagliato. Appare evidente una forte cautela dovuta dal timore di una nuova ondata di contagi.

La certezza che il governo sta lavorando ad un piano per consentire ai cittadini di uscire anche senza comprovati motivi di necessità è data dalle dichiarazioni del ministro della Salute Roberto Speranza: “Stiamo lavorando perché il 4 maggio i cittadini possano uscire, sempre che i dati lo consentiranno”.

Per quanto riguarda le passeggiate, presumibilmente saranno consentite anche lontano dalla propria abitazione, ma da soli, massimo in due mantenendo la distanza di sicurezza. Mascherina e guanti continueranno ad essere fortemente consigliati. Il divieto di assembramento rimane immutato, sia al chiuso sia all’aperto.

È probabile che si consentiranno gli spostamenti all’interno della propria regione ma molto dipenderà dalle possibilità che hanno gli amministratori locali di garantire la tenuta del sistema sanitario. Secondo il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri: “L’importante è non trovarsi in una nuova emergenza. Un Comune che in inverno ha 1.000 abitanti dovrà attrezzarsi per poter contenere l’arrivo delle persone e in base a questa capacità ricettive moduleremo le misure”.

Pranzi, cene e aperitivi saranno consentiti nella misura in cui un locale è in grado di garantire la sicurezza. In una prima fase sarà privilegiato il “cibo da asporto”, successivamente verrà concessa la riapertura con l’obbligo da parte del personale di indossare guanti e mascherine. Restano al vaglio degli esperti l’eventualità di installare dei divisori tra un tavolo e l’altro.

In merito all’uso degli spazi condivisi, il rapporto Inail raccomanda per: gli ambienti dove operano più lavoratori contemporaneamente, soluzioni innovative come il riposizionamento delle postazioni, l’introduzione di barriere separatorie (pannelli in plexiglass, mobilio, ecc.). Per gli spazi comuni, comprese le mense aziendali, i punti di ristoro e gli spogliatoi, i servizi igienici, deve essere prevista una ventilazione continua degli ambienti, una turnazione nella fruizione nonché un tempo ridotto di permanenza all’interno degli stessi, naturalmente con adeguato distanziamento. Devono essere limitati al minimo indispensabile gli spostamenti all’interno dell’azienda.

Dal punto di vista dell’autocertificazione, con l’inizio della fase 2 queste non saranno più necessarie se non in casi limitati, come lo spostamento da una regione ad un’altra.

Infine, dal punto di vista di un cittadino è utile tenere presente che all’interno dei locali pubblici verrà molto probabilmente installato un termoscanner in grado di rilevare la temperatura corporea. La soglia è 37,5°C, al di sopra di questa temperatura, sarà negato l’accesso. Il cittadino con febbre superiore ai 37,5°C è tenuto a contattare il proprio medico curante che gli fornirà le indicazioni per procedere all’isolamento.

Fase 2: cosa cambia per i lavoratori

In base a quanto scritto sul documento Inail Colao afferma che la riapertura dei settori produttivi è stata valutata sulla base della classe di rischio aggregato, cioè sulle effettive possibilità di mantenere il distanziamento sociale.

Le attività pronte a ripartire sono quelle descritte dai codici Ateco con le lettere: B, C, F, L, M, G, N, che consistono in manifattura, costruzioni e servizi.

Questi settori portano il rientro sul posto di lavoro a circa 2,7 milioni di persone. Le condizioni per riaprire, esposte da Colao sono tre: “Situazione epidemiologica stabile o in miglioramento; sicurezza ed efficienza del sistema sanitario, perché serve un margine per arginare un’eventuale ripresa dell’epidemia; forniture sufficienti dei dispositivi di protezione, come le mascherine”.

Come specificato nel “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, per tutti i lavoratori che condividono gli spazi comuni è previsto l’uso della mascherina. Non si esclude la possibilità di fornire alle aziende più grandi gli strumenti per poter effettuare dei tamponi in caso di necessità.

Le misure contenitive negli ambienti di lavoro appaiono necessarie come dimostra l’epidemia tra gli operatori sanitari, che ha fatto emergere con evidenza come il rischio di infezione è concreto e, come confermato dai dati rappresenta circa il 10% del totale dei casi.

Per tale motivo è necessario considerare per ogni processo produttivo quali modalità adottare al fine di ridurre i rischi.

Sulla base del documento tecnico Inail, è stata elaborata una matrice di rischio per ciascun settore produttivo che tiene conto dell’esposizione e della prossimità.

Per esposizione si intende rischio 0 per quei lavoratori che hanno una bassa probabilità di entrare in contatto con altre persone, come i lavoratori agricoli, fino ad arrivare al rischio 4, probabilità alta, rappresentato dagli operatori sanitari.

Per prossimità si intende rischio 0 quando il lavoro è effettuato individualmente per quasi la totalità del tempo, 1 quando il lavoro viene svolto con altri individui non vicini l’uno con l’altro, 2 quando il lavoro viene svolto in spazi condivisi ma con un adeguato distanziamento, 3 quando il lavoro è in condivisione ma non nella maggior parte del tempo, 4 quando il lavoro è effettuato a stretto contatto con gli altri per quasi la totalità del tempo, come ad esempio in uno studio dentistico.

Il risultato finale corretto con un fattore che tiene conto di una terza scala denominata aggregazione, determina l’attribuzione del livello di rischio con relativo “codice colore” per ciascun settore produttivo e viene raffigurato in una matrice.

Quali lavoratori rischiano di più? La classificazione del rischio pubblicata sul documento Inail, reputa che le classi a rischio “Alto” sono rappresentate dai cassieri, dalle forze dell’ordine, dalle professioni sanitarie e di assistenza sociale, dagli atleti professionisti, dagli addetti alle agenzie funebri e dai parrucchieri.

Gli spazi di lavoro e gli orari verranno riorganizzati per evitare quanto possibile gli assembramenti. In questo senso è previsto di differenziare le fasce orarie ed evitare che si creino assembramenti durante gli orari di cambio turno. Al fine di garantire il corretto distanziamento, verranno introdotte barriere di separazione (plexiglas o mobilio).

Secondo le ultime indicazioni operative concordate tra le parti sociali e i ministri del Lavoro e dello Sviluppo Economico, Nuncia Catalfo e Stefano Patuanelli, il lavoro agile (smart working) resterà uno strumento utile per prevenire nuovi contagi.

Le aziende saranno tenute ad utilizzare strumenti informativi sulle misure da adottare al fine di prevenire il diffondersi di nuovi contagi. Il lavoratore stesso, avrà delle responsabilità, sarà tenuto a rimanere a casa in caso di febbre superiore a 37,5°C oltre che ad avvisare il medico curante.

I lavoratori che sono risultati positivi al Covid-19, prima di rientrare in azienda dovranno comunicare l’avvenuta negativizzazione del tampone. La certificazione è rilasciata dal dipartimento di prevenzione territoriale di competenza. È vietato accedere in azienda se negli ultimi 14 giorni si è entrati in contatto con soggetti risultati positivi al Covid-19, o si sia stati in zone ritenute a rischio dall’OMS.

Tra le altre novità, è prevista l’adozione di misure per la sanificazione, ventilazione degli ambienti e l’uso di dispositivi quali guanti, mascherine, occhiali, camici, soprattutto se il lavoro non permette di lavorare a distanza interpersonale superiore ad un metro e non sono possibili altre organizzazioni logistiche.
Cosa cambia per i lavoratori con figli a carico

Gigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari, si chiede: “Se i genitori tornano al lavoro il 4 maggio, chi si occupa dei figli se le scuole e gli asili restano chiusi?

La questione è di particolare interesse per la popolazione, considerato che la fase 2, permetterà sì la riapertura graduale di molte attività ma non della scuola che resterà chiusa fino a settembre, eccetto per gli esami di maturità, che dovranno comunque essere svolti in sicurezza.

È con il ritorno a lavoro che si pone il problema delle famiglie in merito alla cura dei figli. Da un lato infatti i servizi educativi per l’infanzia e le attività didattiche sono sospese, dall’altro appare rischioso chiedere ai nonni di farsi carico dei nipoti, considerato che gli anziani sono la categoria più esposta ai rischi del Coronavirus.

Il problema sollevato non solo da De Palo è stato recepito dalla ministra per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti, che ha richiesto l’estensione dei congedi parentali fino a quando le scuole non riapriranno. Le ipotesi per ora sul tavolo sono due. La prima consiste nel consentire la riapertura delle scuole almeno per i bambini che hanno entrambi i genitori lavoratori, la seconda è garantire l’assistenza attraverso i centri famiglia, i campi scuola e il Terzo settore.

Nei prossimi giorni il Presidente Giuseppe Conte dovrebbe incontrare il Forum delle associazioni familiari, fatto sta che al 26 aprile né la task force né i dicasteri dell’Istruzione e della famiglia, hanno chiarito come conciliare la riapertura delle attività lavorativa con la proroga della chiusura di scuole e asili.

I requisiti necessari per richiedere il concedo parentale, per i dipendenti pubblici e privati, consistono nell’essere iscritti alla gestione separata o autonomi dell’Inps. Al momento sono state presentate 200 mila domande ma la misura termina il 3 maggio. In alternativa al congedo familiare può essere richiesto il bonus babysitter di 600 EUR per genitori con figli di età inferiore a 12 anni.

“I contributi stanno arrivando, ma con forte ritardo” dichiara De Palo, gli applausi dai balconi, continua il presidente delle associazioni familiari, “andrebbero fatti anche alle famiglie che in questa emergenza sanitaria sono state la spina dorsale che ha retto il paese”. Il 4 maggio le attività produttive riprenderanno, ma la legge vieta di lasciare da soli i bambini a casa. La politica italiana quindi, dovrebbe seriamente interrogarsi sul problema.

Tra le questioni oggetto di discussione vi è il sostegno economico riservato ai nuclei familiari promesso dallo Stato, il problema, sottolinea De Palo è che non si tiene conto della composizione della famiglia. I 600 EUR promessi infatti, non considerano né il numero dei componenti di una famiglia, né le spese che queste dovranno affrontare per implementare l’e-learning nelle abitazioni, quegli strumenti cioè, quali computer e tablet utili per la didattica a distanza.

Una misura in questo senso è stata applicata dalla regione Lombardia, dal 4 maggio le famiglie potranno fare richiesta di contributi straordinari. È in questa direzione che tutte le regioni dovrebbero orientare i propri sostegni.

Sulla stessa lunghezza d’onda, il portavoce di Family Day Massimo Gandolfini, chiede al governo 200 EUR al mese per ogni figlio: “In Italia ci sono 12 milioni di famiglie con 8,4 milioni di figli under 15 a carico. I genitori non hanno alterative e serve un congedo parentale straordinario con un’indennità pari all’80% della retribuzione”.

Il problema è stato sollevato anche da Michele De Pascale, presidente dell’Unione delle Province e sindaco di Ravenna: “Non dobbiamo essere ipocriti, con la riapertura delle imprese e non delle scuole, rischiamo di produrre il più grande arretramento in termini di lavoro femminile della storia della Repubblica. Vanno trovate le soluzioni per fare ripartire almeno in parte i servizi educativi

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