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Professione informatore scientifico: chi è, cosa fa, quanto guadagna

Ti è mai capitato di essere in attesa di venire visitato dal medico e che un informatore scientifico prendesse il tuo posto saltando la fila? 

Questa professione è di solito mal vista dai pazienti, che devono rimanere in attesa più di quanto non abbiano già fatto, ma in realtà è preziosissima per i medici, che da questi specialisti ricevono campioni di nuovi farmaci e prodotti con cui possono curare in modo sempre migliore i propri pazienti. 

In questa guida al controverso mestiere di informatore scientifico parleremo di moltissimi aspetti legati a questa professione: quali sono le mansioni e le giornate tipiche, quali studi è meglio intraprendere, quali caratteristiche è necessario possedere e quali sono le prospettive di carriera e di guadagno. 

Iniziamo! 

Chi è l’informatore scientifico

L’informatore scientifico, o meglio ancora “informatore scientifico del farmaco” è lo specialista incaricato dalle case farmaceutiche di creare relazioni con i professionisti sanitari, per informarli dell’esistenza di nuovi prodotti, farmaci o integratori. 

Un informatore scientifico del farmaco lavora con: 

  • Medici, di base o specialisti
  • Veterinari
  • Nutrizionisti
  • Dietologi
  • Farmacisti

Le mansioni dell’informatore scientifico

La professione di informatore scientifico del farmaco si articola in diverse fasi, che si ripetono ciclicamente. 

La prima è ovviamente la raccolta, presso le case farmaceutiche, dei nuovi farmaci in produzione e dei loro prospetti informativi e di efficacia. 

Raccolto il materiale, dai campioni agli studi effettuati dalle case farmaceutiche, deve portare tutto al professionista sanitario con cui è a colloquio. Per evitare disguidi e discussioni in sala d’attesa molti medici scelgono di ricevere gli informatori solamente su appuntamento e in certe giornate, per non rallentare la coda e le visite dei pazienti. 

Generalmente lo stesso informatore scientifico è a colloquio con ogni professionista 8/10 volte l’anno, e ne vede diversi nella stessa giornata: la possibilità di muoversi sul territorio e la buona capacità di pianificazione degli appuntamenti sono due requisiti fondamentali per fare questo lavoro.

Il colloquio è il momento più importante di tutta la procedura. Al professionista sanitario è necessario illustrare composizione, tecniche di produzione, vantaggi teraputici, modalità e dosaggi di utilizzo ed effetti collaterali riscontrati durante le analisi. Si lasciano sempre campioni del prodotto e tutta la documentazione di ricerca per permettere al medico di analizzarla e scegliere quale farmaco introdurre nel proprio “arsenale”. 

Le ultime due fasi riguardano la farmacosorveglianza. Durante i colloqui medici, farmacisti e veterinari possono riportare difficoltà di utilizzo o effetti collaterali che hanno riscontrato nei propri pazienti dopo l’uso. L’informatore scientifico deve raccogliere questi dati e riportarli sia alla casa produttrice, per adeguare la formulazione o richiedere nuovi test, sia all’Istituto Superiore di Sanità, per avviare procedure di controllo più generalizzate e capillari.

Regolamentazione locale

Le molte proteste dei pazienti, per via delle lunghe attese dovute ai colloqui con gli informatori scientifici, hanno indotto le regioni a stilare delle linee guida nel 2006. Ogni regione segue principi simili, ma adattati caso per caso in base alla densità dei pazienti, al numero di malati che ogni medico ha in cura, all’ampiezza delle strutture e alla disponibilità di giorni o fasce orarie in cui il medico può riceverli. 

Alcuni di questi principi di regolamentazione dell’attività degli informatori scientifici sono, per esempio: 

  1. Limitare le visite a 3-5 l’anno, fatto salvo quelle di aggiornamento per nuove informazioni molto rilevanti emerse nel corso degli studi (per esempio, un’incidenza più elevata di effetti collaterali)
  2. Il limite di campioni gratuiti dovrebbe essere di 10 nei primi 18 mesi dalla commercializzazione del prodotto
  3. Per i farmaci in commercio da più di 18 mesi è possibile consegnarne 5 campioni a visita, ma massimo 25 l’anno
  4. I campioni non possono superare una soglia di valore di 20 euro

Gli studi necessari per diventare informatore scientifico

Per diventare informatore scientifico è necessario avere un diploma di laurea triennale. Il corso più consigliato è ovviamente quello di Informazione scientifica sul farmaco, facente capo alle facoltà di Farmacia.

Il corso è sempre articolato in esami teorici e in periodi di tirocinio professionalizzanti svolti in aziende farmaceutiche, ASL e ospedali.

Le materie teoriche studiate nel corso di laurea sono, tra le altre: 

  • principi generali di medicina e chirurgia
  • principi generali di biologia
  • principi di chimica e biochimica
  • principi di farmacologia (anche veterinaria)
  • funzionamento e costruzione di dispositivi medici

Dopo la laurea triennale è possibile seguire corsi di durata biennale presso le facoltà magistrali, oppure proseguire la formazione con corsi di aggiornamento e specializzazione tenuti dalle case farmaceutiche, dalle associazioni di categoria e dagli istituti sanitari pubblici. 

L’abilitazione alla professione è immediata dopo la laurea, perché non esiste un albo nazionale per gli informatori scientifici. 

Altre lauree e specializzazioni

Quella di informatore scientifico è una professione possibile anche ad altri laureati. In particolare, il D.lgs 219/2006, art. 122 prescrive che possono diventarlo i laureati in: 

  • Medicina
  • Scienze biologiche
  • Chimica, se ad indirizzo organico o biologico
  • Farmacia
  • Tecnologie farmaceutiche

Dal 2009 è invece possibile diventare informatori scientifici anche con lauree in: 

  • Biotecnologie
  • Magistrali in biotecnologie mediche, veterinarie e farmaceutiche
  • Scienze della natura

Quali caratteristiche deve possedere un informatore scientifico? 

Le competenze di un informatore scientifico del farmaco sono poliedriche e variegate. Come sempre le divideremo in specifiche (cioè tecniche e legate strettamente al mestiere) e in interpersonali (cioè di buon comportamento, organizzazione ed approccio). 

Competenze specifiche

Le competenze specifiche dell’informatore scientifico vertono su principi, almeno generali, delle discipline di interesse del settore: chimica, farmacologia, medicina e diagnostica, veterinaria e farmacia. Un punto a grosso favore degli informatori più ambiziosi è la conoscenza più specifica nelle biotecnologie e nella costruzione e nell’uso dei dispositivi medici (strumenti di indagine e cura, protesi, materiali biocompatibili), perché è molto probabile che nei prossimi anni il loro uso si diffonda a macchia d’olio anche per la cura delle patologie più comuni.

Competenze interpersonali

Come in quasi tutti i mestieri le competenze interpersonali sono decisamente le più interessanti e numerose. Alcune delle più rilevanti per un informatore scientifico sono: 

  • Attenzione e predisposizione all’ascolto: è necessario pianificare il colloquio in modo che incontri le specifiche esigenze del medico, non quelle dell’informatore
  • Essere capaci di sintetizzare con chiarezza e precisione: il tempo che i medici hanno a disposizione per gli informatori scientifici è poco, e in pochissimi minuti è necessario condensare tutte le informazioni e fare in modo che il medico le ricordi (cosa non facile, quando si ha quotidianamente a che fare con decine di migliaia di dati ed informazioni, tra analisi, esami, pazienti e farmaci)
  • Essere esperti in tecniche di comunicazione, per rendere la conversazione più convincente e piacevole, specialmente se l’azienda mira ad utilizzare gli informatori scientifici come venditori (parleremo più nel dettaglio di questo controverso aspetto nell’ultimo paragrafo dell’articolo)
  • Saper organizzare al meglio il proprio tempo e i propri spostamenti in autonomia, incontrando gli obiettivi delle case farmaceutiche ma anche quelle dei medici. Lo stress dovuto alla gestione delle giornate può essere molto forte, ed è necessario che i movimenti e gli spostamenti siano ben organizzati per lavorare il più possibile con tranquillità
  • Saper distinguere tra il mestiere di venditore e di informatore: se il primo può fare uso di certe tecniche piuttosto aggressive di marketing diretto, il secondo deve essere più distaccato e professionale, per creare una solida relazione che duri nel tempo

Alcuni errori tipici da evitare

Uno dei motivi per cui gli informatori scientifici non sono ben voluti negli studi medici è per l’apparenza invadente del loro compito. Ecco alcuni errori classici del mestiere che dovrebbero essere evitati: 

  1. Parlare da soli: il focus non sono i prodotti o l’informatore scientifico, ma il medico, le sue esigenze e i suoi pazienti
  2. Non essere rispettosi dell’ambiente in cui ci si trova, per esempio riempiendo la scrivania di prodotti, fogli e volantini
  3. Fare informazione standardizzata senza pensare alle specifiche esigenze dei medici e dei pazienti
  4. Denigrare i prodotti della concorrenza anziché concentrarsi sulle potenzialità dei propri
  5. Avere un cattivo time management: arrivare in ritardo, disdire gli appuntamenti, spazientirsi per l’attesa
  6. Se presenti, discutere con i pazienti per la priorità di ingresso in studio: questo comportamento è indice di scarsissima professionalità e lungimiranza, visto che sono proprio loro gli acquirenti dei farmaci e degli integratori, e se trattati in modo sgarbato non avrebbero nessuna difficoltà a richiedere al proprio medico un diverso tipo di farmaco

Guadagni e carriera dell’informatore scientifico

Il neolaureato che si inserisce per la prima volta nel settore degli informatori scientifici può percepire, indicativamente, tra i 25 e i 35 mila euro l’anno. 

Gli scatti di carriera (e dunque di guadagno) dipendono dagli obiettivi trimestrali, semestrali e annuali assegnati dalle case farmaceutiche: se soddisfatti, non è complesso veder aumentare il proprio stipendio anche del triplo a fine carriera. 

All’estero

In Europa la situazione non è molto diversa da quella italiana: sebbene le possibilità di guadagno siano leggermente più alte si è comunque inseriti in un settore a prevalenza pubblica. 

Diversissimo è invece il caso dei paesi in cui il sistema sanitario è quasi nella sua totalità privatizzato, come gli Stati Uniti o l’Australia. In questi casi le case farmaceutiche hanno molto più interesse a vendere i propri prodotti, dunque gli informatori scientifici sono decisamente più retribuiti (con picchi anche del +40%). Inoltre, all’estero è più probabile contattare i medici con le videochiamate piuttosto che con gli appuntamenti in studio: la mansione è dunque più assimilabile al lavoro d’ufficio.

Le possibilità di carriera: richiesta, futuro ed inquadramento

Negli ultimi anni la domanda di informatori scientifici e di consulenti del farmaco è aumentata indicativamente del 5% ogni 12 mesi: significa che, mediamente, le aziende farmaceutiche stanno maggiormente investendo sul marketing diretto e sull’informazione scientifica con medici, nutrizionisti, farmacisti e veterinari. 

In questo scenario sono possibili diversi scatti e avanzamenti di carriera. I più diffusi sono: 

  1. Specialist di prodotto, che si occupa di una sola categoria di farmaci o integratori ma la conosce più nello specifico
  2. Area manager, che coordina e sorveglia il lavoro di tutti gli informatori scientifici in una stessa area di pertinenza
  3. Direttore dell’informazione scientifica, che a sua volta coordina il lavoro degli Area manager
  4. Settore del marketing farmaceutico, che richiede più spiccate capacità di analisi dei mercati e delle strategie di comunicazione da attuare a tutti i livelli e su tutti i canali

Le possibilità di carriera si sviluppano a loro volta in due settori: il pubblico, per il SSN, oppure il privato, presso le aziende farmaceutiche. 

In entrambi i casi è possibile sia lavorare come dipendenti, sia come liberi professionisti con pagamento a provvigione (cioè in percentuale sugli obiettivi raggiunti). A questa decisione si è arrivati con la sentenza del Tribunale di Milano del 28 dicembre 2015: prima infatti l’inquadramento possibile era molto meno chiaro e specifico.

Un ulteriore dubbio, ancora oggi non del tutto sciolto, è quello sulla dicitura specifica da usare e sulla sua considerazione etica. Da una parte alcuni esperti sostengono che l’informatore scientifico deve esclusivamente informare in modo imparziale sulle possibilità terapeutiche e i rischi di un farmaco, non comportarsi da venditore o da esperto di marketing. Dall’altra è però evidente che questa tecnica costituisce già da sola una strategia di marketing per le aziende farmaceutiche. 

La situazione oggi non è del tutto risolta. Queste due anime del mestiere possono essere nettamente separate, con l’informatore scientifico che si limita ad informare e a trasmettere informazioni, oppure possono coesistere nella stessa figura, che informa, spiega e chiarisce, ma anche riceve ordini e applica strategie finalizzate alla vendita.

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