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Data broker: chi è, cosa fa, come si forma e quanto guadagna

Diffondiamo dati sulle nostre abitudini in qualsiasi contesto collegato alla nostra presenza online.

Acquistiamo biglietti di aerei, treni e autobus utilizzando carte di credito, facciamo spesa e shopping online, ci colleghiamo da celle più o meno vicine alla nostra casa, al luogo in cui lavoriamo, prendiamo libri in prestito in biblioteca passando da un servizio in Rete, i nostri dati sanitari sono collegati a database a disposizione dei medici. 

On e offline: non solo quando usiamo il computer, lo smartphone, il tablet. Seminiamo dati anche in tutte le altre attività: la Pubblica Amministrazione conosce il nostro indirizzo, gli estremi dei conti correnti, chi sono i nostri figli, dove studiano. 

Per aggregare tutte queste fonti ed estrapolare dati utili alle vendite di beni e servizi ci sono i Data broker (o Data provider o suppliers), che attraverso società di intermediazione li rivendono alle aziende, che li usano per orientare i propri processi produttivi e di vendita. 

Vediamo insieme in cosa consiste il lavoro del Data broker, di quali competenze deve essere in possesso e quali sono le sue possibilità di crescita professionale e di guadagno. 

Come funziona l’intermediazione dei Dati

Come abbiamo detto in apertura, diffondiamo i nostri dati online e offline ogni volta che effettuiamo un trasloco, firmiamo un contratto, paghiamo le tasse, facciamo analisi del sangue, usiamo il conto corrente, facciamo una ricerca online, facciamo shopping su un sito.

Si tratta di piccoli frammenti, tasselli che descrivo le persone che siamo, le nostre abitudini, il nostro stato familiare o di salute. Da soli, hanno una scarsa rilevanza. A poche aziende potrebbe interessare sapere che, nel 2016, abbiamo preferito acquistare un divano a 3 posti anziché uno a 4, e basta.

Il dato cambia se inserito in un contesto più ampio di informazioni, per esempio che quel divano è stato acquistato dopo un trasloco all’estero, nello stato in cui abbiamo traslocato per lavoro e in cui sono nati i nostri figli. 

Creare il quadro generale richiede di incrociare un’enorme mole di dati, provenienti da pubbliche amministrati, siti, social network, conti bancari. Non solo i dati sono moltissimi: sono moltissime anche le loro fonti. Inoltre, non tutti i dati sono realmente utili. Alcuni sono passaggi sporadici, eventuali, occasioni che non descrivono molto delle nostre abitudini. 

Per scandagliare tutti questi dati è necessario un Data broker. Il Data broker lavora per società che acquistano dati sul nostro conto, e li acquistano da tutte le fonti che li possiedono e gestiscono. Poi creano dei quadri generali, per esempio sulla popolazione di una città, o sulla fascia di età 18-25 di un certo paese.

Questi quadri globali e più generali, in una vista dall’alto, sono utili a moltissime aziende. Che, quindi, li acquistano dalle società di brokeraggio e dai Data broker, per sviluppare piani di vendita, campagne di marketing, creare prodotti, finalizzare servizi sempre migliori. 

Il mercato dell’intermediazione dei dati generale al momento in cui scriviamo circa 200 miliardi di dollari di indotto all’anno. Sembra assurdo, ma questa nuova moneta, la più importante al momento, di cui le aziende dispongono è veramente poco conosciuta dalla popolazione. 

La giornata tipo del Data broker

Il Data broker ha molte mansioni, nella propria giornata tipo, alcune delle quali sono intrecciate con quelle del Data scientist e del Data analyst. 

Lo scienziato crea un “colino” di algoritmi che filtrano le informazioni lasciate online. L’analista crea un report a partire da quelle informazioni, comprensibile anche a chi non sia esperto del settore. 

Il Data broker sviluppa invece un cosiddetto “segmento di pubblico”, con relative informazioni. 

Un segmento di pubblico è un target collettivo. Lo sono per esempio “appassionato di musica” (cosa ricerca?, dove?, quanto frequentemente?, dove acquista?, cosa?, con quali metodi?), “acquirente impulsivo” (cosa acquista?, quanto frequentemente?, con quale metodo di pagamento?, quali siti usa di più?, quali prodotti sceglie, prevalentemente?). 

Su quel segmento di pubblico si crea un’analisi più dettagliata e stesa in forma di report o di database statistico. Ad esempio, prendendo come modello il “compratore compulsivo”:

  • X% è donna; Y% è uomo
  • hanno prevalentemente un’età compresa tra gli X e gli Y anni
  • l’X% di loro vive in grandi città o metropoli; l’Y% in un piccolo centro
  • l’X% degli acquirenti compulsivi utilizza e-commerce, di solito con metodo di pagamento con carta di credito
  • X% di loro ha un reddito alto; Y% un reddito medio; Z% un reddito basso
  • X% di loro ha un livello di istruzione basso; solamente l’Y% ha almeno una laurea triennale

E così via, per delineare un quadro sempre più dettagliato del “prototipo” di persona, di target a cui si sta facendo riferimento. 

Il Data broker si interfaccia ai propri clienti, che sono per la maggioranza aziende che sono interessate ad avere accesso ai dati di questo segmento di pubblico. Per esempio, un e-commerce che vende dischi, libri e DVD sarà interessato a sapere quanti anni ha chi acquista, quanto frequentemente lo fa, con quale mezzo e metodo di pagamento. Tutte queste informazioni servono a sviluppare siti sempre più performanti, servizi più puntuali, campagne pubblicitarie che aumentino il tasso di conversione da utenti ad acquirenti. 

L’aspetto etico, deontologico e legale della professione di Data broker

Nella professione di Data broker entrano in gioco profonde implicazioni etiche e deontologiche. Gli altri esperti di Dati si occupano della loro analisi, poi utilizzata dalle aziende: anche il Data broker lo fa, ma aggiunge la componente della vendita, il che può scatenare apprensione. 

La legge europea sulla privacy è una delle più severe che esistano al mondo: moltissimi dei nostri dati sono protetti dalle autorità e dalle istituzioni per tutelare la nostra sicurezza, la nostra salute, il nostro diritto alla segretezza. 

Lo stesso non vale però in tutte le nazioni. Per esempio, un regime dittatoriale con forti connessioni con il mondo economico ha tutto l’interesse (e gli appigli legali per riuscirci) ad acquisire informazioni sui propri cittadini. 

Non sono però mancati gli scandali, in questo settore, specie all’estero -appunto, dove le leggi sulla privacy sono diverse-. Quando il colosso Facebook, nella persona del suo fondatore Mark Zuckerberg, venne interrogato dal Senato americano in merito alla vendita non autorizzata di dati degli utenti ad una società nota come Cambridge Analytica si parlava proprio di Data broking e di Data broker, coinvolti nella vicenda. 

I colossi dell’informatica e non solo possiedono i nostri dati dal momento in cui tutti quanti, per iscriverci e creare un account, accettiamo un contratto con loro. Se in questi contratti è indicato che i nostri dati verranno utilizzati per la profilazione di segmenti di pubblico, allora i Data broker potranno acquisirli e fare ricerche ed indagini sul tipo di cliente/utente che costituiamo, insieme ad altri migliaia. 

Con chi lavora il Data broker

Il Data broker non lavora da solo, l’abbiamo accennato. Sono indispensabili alla sua attività almeno altri due specialisti: il Data scientist e il Data analyst. 

Ci sono poi tutti gli attori delle società per cui lavorano che vendono i pacchetti di informazioni alle aziende e agli enti clienti. Sono questi settori a ricevere i report e le analisi del Data broker e a stabilire il loro prezzo, a seconda dell’interesse che le aziende manifestano per il segmento di utenza. 

La formazione necessaria

Parliamo ora della formazione richiesta ai Data broker. La maggior parte di questi professionisti ha competenze in Economia e in Marketing, che sono dunque le facoltà universitarie più scelte. 

Al termine del percorso di laurea sono disponibili molti corsi che indagano più approfonditamente il mondo dei BigData: dalla loro creazione alla selezione, dal Machine learning al Deep learning, fino all’organizzazione di report e database. 

Queste competenze vengono progressivamente acquisite e messe in campo per essere affinate con tirocini ed esperienze lavorative nelle aziende. 

Le competenze più richieste per i Data broker

Parliamo ora delle competenze richieste ai Data broker. Le divideremo, per chiarezza, in dure (misurabili) e morbide (propensioni di carattere). 

Competenze dure (hard skills)

Le competenze dure di un Data broker devono essere ascrivibili ai settori di matematica, statistica, programmazione di algoritmi. I programmi più utilizzati -e dunque sui quali bisogna essere più esperti- per questo tipo di programmazione sono R, Python e VBA. 

Sarà poi necessario avere solide basi di matematica e statistica per creare i report sulla segmentazione dei profili del target. 

Da ultimo, è bene essere più che ottimamente informati sulle normative che gestiscono la profilazione degli account e la privacy degli utenti, per evitare di incappare in manovre non limpide o illecite che possono mettere in pericolo l’azienda per cui si lavora o la propria posizione di freelancer. 

Competenze morbide (soft skills)

Le competenze morbide per questa categoria di professionisti sono molto interessanti. Parliamo di alcuni grandi classici, come il lavoro in team o la creazione di buoni rapporti con i clienti. 

Tre abilità sono però molto più significative: 

  • Capacità di comunicare in modo semplice ed intuitivo dati astratti e complessi a clienti che, in generale, non possono interpretare direttamente i BigData raccolti
  • Capacità di interpretazione corretta e precisa delle reali intenzioni, abitudini e preferenze degli utenti a partire da una grande mole di dati, spesso contraddittori o incompleti
  • Spregiudicatezza. Come avrai intuito questo tipo di mansione richiede di non avere molti scrupoli, oltre a quelli prescritti dalla legge vigente nella nazione in cui si opera. 

Le possibilità di carriera

Nel settore delle aziende datadriven (“guidate dai dati”) si parla dei BigData come del nuovo petrolio. Ne deduciamo senza difficoltà che le possibilità di carriera nel settore sono molto ampie e remunerative. 

Attualmente, le aziende che si occupano di dataproviding nel mondo generano profitti pari a circa 200 miliardi l’anno, da sommare a tutti quelli prodotti dalle singole aziende che acquistano campionamenti e profilature per aumentare le proprie vendite. Parliamo quindi di un settore che, al momento attuale, è in una fase di parabola ascendente. 

I settori più redditizi per i Data broker

Abbiamo individuato tre settori in cui i Data broker sono particolarmente preziosi, e vogliamo elencarli e spiegarli un po’ più nel dettaglio per aiutare chi sia interessato a questo impiego a cercare la propria strada. 

  1. Marketing e pubblicità. Alcune aziende terze come Acxiom, Datalogix e Oracle, o settori interni di Experian ed Equifax, raccolgono e profilano gli utenti per finalità pubblicitarie. Sapendo a quale targer ci si vuole rivolgere è più facile proporre servizi personalizzati, prodotti interessanti e campagne di pubblicità mirate. 
  2. Individuazione di frodi. Ad impiegare questo tipo di Data broker sono banche, agenzie di assicurazioni, operatori di telecomunicazione. Per esempio, il professionista potrebbe essere scelto per profilare a partire dalle informazioni pubbliche un richiedente un prestito prima della concessione, per evitare di firmare un malintenzionato. 
  3. Riduzione del rischio. Le aziende sono interessate, ovviamente, a minimizzare le possibili perdite. Un Data broker può aiutare una banca a profilare chi richiede fido e prestiti per non incappare in un cattivo pagatore, oppure assistere un assicuratore nella scelta dei propri clienti tra quelli con più bassi rischi (se sei iscritto regolarmente in palestra hai meno probabilità di avere un infarto, se non fai visite mediche da un nutrizionista o un dietologo probabilmente non sei in sovrappeso, e così via)

Lo stipendio medio del Data broker

Il settore dei Data broker è sviluppato e attivo soprattutto in realtà internazionali: in Europa esistono poche società che acquistano e vendono dati, per via delle normative molto severe. 

Per questo motivo, le analisi sono prevalentemente effettuate in dollari e calcolate sul costo della vita negli Stati Uniti. 

Lo stipendio di un Data broker oscilla a seconda del livello di competenza ed esperienza tra i 50 e i 90 mila dollari all’anno. La media a metà carriera -tra i 5 e i 15 anni di esperienza- è di circa 64/65 mila dollari. Si tratta di una mansione ben pagata, anche per l’elevato tenore di vita medio degli USA, superiore di svariate centinaia di dollari allo stipendio medio della nazione (circa 40 mila dollari l’anno per un impiegato full time). 

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