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Come diventare Consulente del Lavoro

Il Consulente del Lavoro è quella figura professionale a cui si affidano le aziende per gestire il personale nell’ambito della legislazione vigente in materia di lavoro. Per legge, tutte le aziende sono tenute ad una serie di adempimenti in campo di gestione del personale per cui è necessario affidarsi ad una figura specializzata: il Consulente del Lavoro.  

I Consulenti del lavoro in Italia sono 27.000, hanno circa 100.000 dipendenti, amministrano circa 1.250.000 aziende con 8 milioni di addetti, redigono 1.550.000 dichiarazioni dei redditi e esercitano funzioni di conciliazione o di consulenza di parte o di consulenza tecnica del giudice in oltre 100.000 vertenze di lavoro. 

Quanto guadagna un Consulente del Lavoro

Negli ultimi anni è diventata una professione molto ambita: per un consulente del lavoro competente, conosciuto e affidabile il guadagno mensile può arrivare a superare i 3.000 euro. Lo stipendio medio è di circa 1770 € netti al mese, ma bisogna dire però che essendo un libero professionista, non è facile individuare un reddito preciso di riferimento, dal momento che il guadagno varia in base al numero di aziende che segue, alle loro dimensioni, a quante mansioni svolge, etc.  

Allo stesso tempo, fare una media del reddito è fuorviante, perché dobbiamo considerare coloro che hanno appena iniziato la professione così come i professionisti più affermati e titolari di studi professionali.

Ma possiamo tranquillamente affermare che è una professione molto remunerativa: tra le professioni più remunerative in base al reddito dichiarato all’Agenzia delle Entrate, al primo posto ci sono i notai, poi i commercialisti e quindi al terzo posto i consulenti del lavoro.

Le prospettive occupazionali sono buone, dal momento che è una figura essenziale soprattutto per piccole e medie imprese, che rappresentano il modello principale del tessuto produttivo italiano.  

Spesso i servizi di Consulente del Lavoro sono offerti ai clienti dagli studi di Commercialista. In questi casi, lo studio si appoggerà comunque ad un Consulente del Lavoro esterno. Nel caso di grandi studi, spesso questi rapporti possono diventare esclusivi, e soprattutto per chi ha iniziato da poco l’attività può essere conveniente essere assunti come dipendenti, dal momento che confrontarsi da subito con la concorrenza di professionisti affermati può essere rischioso. Per questo molti iniziano come dipendenti, con un guadagno minore ma sicuro, prima di intraprendere la carriera da libero professionista. 

Cosa fa il consulente del lavoro 

Le mansioni del consulente del lavoro riguardano tutto ciò che ruota attorno alla normativa in materia di lavoro, sia per le grandi aziende che per le piccole e medie imprese. Le attività principali del consulente del lavoro consistono in: 

  • Inquadrare i dipendenti all’interno dell’azienda; 
  • informazione sugli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori; 
  • tenuta del libro matricola, libro paga e prospetti paga; 
  • Denunciare i lavoratori occupati agli uffici INPS e INAIL e agli uffici del Ministero del Lavoro; 
  • Studio e gestione dei criteri e delle modalità di retribuzione; 
  • Occuparsi della selezione e formazione del personale; 
  • Ricoprire il ruolo di consulente nei contenziosi; 
  • Effettuare servizio di consulenza in materia di lavoro; 
  • Offrire consulenza tecnica di ufficio o di parte; 
  • Esercitare controllo ed eventualmente denunciare attività di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. 

Per svolgere al meglio questi compiti, il consulente dovrà avere specifiche competenze in ambiti come: 

  • Diritto privato e pubblico 
  • Diritto del lavoro, sindacale e tributario 
  • Elementi della normativa sulla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori in tutti i settori di attività privati e pubblici 
  • Normativa sul mercato del lavoro 
  • Normativa previdenziale e pensionistica 
  • Normativa sui contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) 
  • Adempimenti e scadenze fiscali 
  • Economia aziendale 
  • Elementi di ragioneria 
  • Normativa in materia di tutela della Privacy 
  • Procedure di gestione del personale 
  • Elementi di normativa fiscale e tributaria 
  • Sistemi retributivi 
  • Tecniche di gestione contabile e finanziaria e della contrattazione 
  • Vocabolario tecnico fiscale, del lavoro e della legislazione sociale 

Come si può facilmente intuire, è un lavoro che comporta una gran mole di responsabilità, dal momento che errori o interpretazioni sbagliate delle norme possono portare a grandi danni economici per le aziende. Il Consulente del Lavoro è tutelato legalmente nella misura in cui, secondo sentenza della Cassazione,  

“deve considerarsi responsabile verso il cliente in caso di incuria e di ignoranza di disposizioni di legge e in genere nei casi in cui possa ravvisarsi negligenza o imperizia, mentre nei casi di interpretazioni di leggi o di risoluzione di questioni opinabili, deve ritenersi esclusa la responsabilità del professionista medesimo a meno di dolo o colpa grave”. 

cassazione

Il percorso per diventare consulente del lavoro 

Come abbiamo appena visto, le competenze che deve possedere il consulente del lavoro sono molteplici. Per diventare consulenti del lavoro è richiesto una formazione universitaria che sia basata sull’acquisizione di nozioni e competenze economico-giuridiche: i percorsi di studi possibili sono una laurea triennale o quinquennale presso facoltà di giurisprudenza, economia, scienze politiche, per la precisione: 

  • scienze dei servizi giuridici; 
  • scienze politiche e delle relazioni internazionali; 
  • scienze dell’economia e della gestione aziendale; 
  • scienze dell’amministrazione; 
  • scienze economiche; 
  • scienze giuridiche. 

Oppure una laurea quadriennale in giurisprudenza, in scienze economiche e commerciali o in scienze politiche, nello specifico: 

  • giurisprudenza; 
  • scienze dell’economia; 
  • scienze della politica; 
  • scienze delle pubbliche amministrazioni; 
  • scienze economico-aziendale; 
  • teoria e tecniche della formazione e dell’informazione giuridica. 

L’ultima opzione è il diploma universitario o la laurea triennale in consulenza del lavoro

Una volta concluso il percorso di studi, è obbligatorio un praticantato (tirocinio obbligatorio) di diciotto mesi presso uno studio di un consulente del lavoro iscritto all’albo da almeno cinque anni. I primi sei mesi di praticantato possono essere anche svolti durante la formazione universitaria, in presenza di una specifica convenzione universitaria. È obbligatoria l’iscrizione al Registro dei praticanti tenuto dal Consiglio dell’Ordine provinciale. 

Il tirocinio richiede diligenza, assiduità e una regolare frequenza dello studio professionale, in maniera che il praticante possa acquisire tutti i fondamenti scientifici, tecnici, etici e deontologici della professione, insieme alla metodologia e alle competenze necessarie allo svolgimento delle mansioni del Consulente del Lavoro. 

Nello specifico, il praticante deve frequentare lo studio professionale per almeno 20 ore settimanali, sotto diretta supervisione del professionista indicato al Registro come affidatario, partecipando attivamente alle attività caratterizzanti la professione di Consulente del Lavoro.

Il Consiglio dell’Ordine provinciale predispone un fascicolo formativo per il praticante, sul quale lo stesso praticante dovrà indicare le attività professionali e formative a cui ha partecipato o assistito, e questo registro dovrà essere convalidato dal professionista affidatario, sottoscrivendo le attività dichiarate dal praticante. 

Iscrizione all’albo 

Una volta completato il percorso di formazione, per esercitare la professione bisogna iscriversi all’Albo dei Consulenti del Lavoro, dopo aver superato l’esame di Stato per ottenere l’abilitazione. 

L’esame di stato si svolge una volta l’anno è costituito da prove scritte e orali sulle seguenti materie: 

  • Diritto del lavoro; 
  • Diritto tributario; 
  • Diritto costituzionale;  
  • Diritto privato; 
  • Diritto penale; 
  • Legislazione sociale; 
  • Economia aziendale. 

L’esame è strutturato in due prove scritte, la prima un tema su materie del diritto del lavoro e della legislazione sociale e la seconda una prova teorico-pratica in diritto tributario, seguite da una prova orale incentrata sulle materie di diritto del lavoro, legislazione sociale, diritto tributario, elementi di diritto privato, pubblico e penale e nozioni di ragioneria, con particolare riguardo alla  rilevazione del costo del lavoro ed alla formazione del bilancio. 

Una volta superato l’Esame di stato, la condizione per esercitare la professione è l’iscrizione all’Albo dei Consulenti del Lavoro, presso l’Ordine provinciale, mediante l’apposita istanza di iscrizione (corredata da marca da bollo e due fototessere) e il versamento di 168 € di tassa di concessione governativa.

Per iscriversi all’Albo non devono essere in corso rapporti di lavoro alle dipendenze dello Stato, per cui non si può essere impiegati della Pubblica Amministrazione, sia a livello nazionale che locale. Inoltre l’iscrizione all’Albo è incompatibile con l’attività di giornalista professionista, per i dipendenti degli istituti di patronato o delle associazioni sindacali dei lavoratori, per gli esattori di tribut e, i notai. 

Gli Ordini provinciali sono più di 100 sul territorio nazionale, e sono coordinati dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, organo della pubblica amministrazione che gestisce anche l’organo previdenziale dei Consulenti del Lavoro, l’ENPACL. 

Oltre all’iscrizione all’Albo dei Consulenti del Lavoro è obbligatoria anche la formazione professionale continua, che prevede il raggiungimento di minimo 50 crediti formativi ogni due anni, di cui 6 nelle materie di ordinamento professionale e codice deontologico; in ciascun anno formativo è obbligatorio conseguire almeno 16 crediti.

Ogni Consulente del Lavoro può beneficiare, nel biennio, di un debito formativo per un massimo di 9 crediti, i quali dovranno essere recuperati nei primi sei mesi del biennio successivo. I crediti formativi si ottengono attraverso la frequenza di corsi di aggiornamento in aula organizzati dai vari Consigli degli Ordini provinciali o di altri eventi che possono essere organizzati anche da associazioni di iscritti agli albi e da altri soggetti, autorizzati dal Consiglio Nazionale.

Per ogni ora di frequenza viene riconosciuto un credito formativo. Attività formative come docenze, pubblicazioni o simili possono contribuire per un massimo di 30 crediti, e il 40% dei crediti complessivi può essere ottenuto grazie ad attività di e-learning.  

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