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Gestione delle critiche sul posto di lavoro

Ognuno di noi ha almeno una volta nella vita subito delle critiche da genitori, da amici, a scuola e crescendo sul posto di lavoro. Non tutti però reagiamo alle critiche allo stesso modo, anche se, come vedremo in questo articolo, le critiche fanno parte della vita: saperle gestire aiuta a non demoralizzarsi e permette di mantenere la concentrazione giusta verso il raggiungimento degli obiettivi.

Saper gestire la critica senza prenderla sul personale

Ricevere delle critiche non piace a nessuno ed è forse per questo che negli anni il termine è stato sostituito dalla parola inglese feedback (negativo), probabilmente per alleviare il significato della parola italiana. Tuttavia, che si tratti di un feedback negativo o di una critica è difficile rimanere impassibili.

Una delle prime reazioni, infatti, genera una serie di sentimenti che inducono a pensare che: il titolare abbia un problema di tipo personale con noi o che la critica sia ingiustificata, o anche, quante volte ci troviamo a ripetere: “Accetto la critica a patto che sia costruttiva”.

La critica risulta mal accettata perché mette in dubbio la propria autostima soprattutto dopo aver passato molto tempo a lavorare su un determinato compito.

In realtà, l’atteggiamento migliore sarebbe cercare di trarre un insegnamento ogni qual volta si riceve una critica, facendo lo sforzo di comprendere che non tutti hanno le capacità comunicative o la sensibilità necessaria per trasmettere la propria disapprovazione senza turbare l’interlocutore.

In fondo, nessuno è esente da critiche: è sufficiente ascoltare i media per comprendere come più un personaggio è in vista e importante più è circondato da critiche.

Gestire le critiche costruttive sul posto di lavoro

Accettare le critiche come un normale episodio che può accadere sul posto di lavoro è un passo da compiere per un lavoratore che riconosce di reagire nella maniera sbagliata ai feedback negativi. Vediamo alcuni comportamenti che si possono tenere al fine di gestire con serenità le critiche:

1) Non reagire istintivamente

Molti lavoratori sono tendenzialmente portati a reagire istintivamente alle critiche: rispondendo in maniera inappropriata o comunicando con il linguaggio del corpo il proprio disappunto. Soffermarsi a pensare prima di reagire alla critica chiedendosi quali sono le ragioni che hanno portato il proprio datore di lavoro o collega a sottolineare un’inefficienza è indice di professionalità e maturità.

Pensare prima di agire è un concetto valido anche se si lavora in Smart Work, le critiche infatti, possono arrivare anche via e-mail e in questo caso piuttosto che rispondere in malo modo è preferibile accettare la critica e talvolta ringraziare per il feedback ricevuto. In fondo, se la critica proviene da una persona più esperta e più preparata, al di là della posizione ricoperta, rappresenta un’occasione di crescita professionale.

2) Non cercare giustificazioni

Una volta ricevuta una critica bisognerebbe cercare di evitare di giustificarsi, ammenoché non si disponga di validi argomenti. Cercare motivi poco pertinenti all’errore commesso non porta ad altro che indispettire ulteriormente l’interlocutore. L’atteggiamento migliore è accettare la critica e prendersi del tempo per riflettere su cosa si è sbagliato e come cercare di non commettere nuovamente l’errore.

3) Non rattristarsi troppo

Un feedback negativo ha la funzione di far crescere sul lato professionale il lavoratore. Quando quest’ultimo è alle prime esperienze lavorative è del tutto normale che il datore di lavoro o colleghi più esperti tendando a dare consigli e a correggere i lavori svolti.

Tutti commettono errori, questi fanno parte della vita e neanche un bagaglio considerevole di esperienza mette al riparo dal commetterli.

4) Chiedere scusa ed essere umili

Come abbiamo visto, gli errori sono sempre dietro l’angolo, mostrare aggressività o tentare di giustificarsi dopo aver ricevuto una critica non è l’atteggiamento corretto da tenere. Il miglior approccio è mantenere la calma e chiedere scusa.

5) Richiedere un incontro

Dopo aver ricevuto una critica negativa il consiglio è di soffermarsi a riflettere su dove si è sbagliato cercando di correggere i propri errori. Dopo qualche giorno, il datore di lavoro apprezzerà la richiesta di un incontro per chiarire l’episodio avvenuto. Così facendo si dimostra il proprio impegno e di aver recepito il feedback negativo.

Gestire le critiche distruttive sul posto di lavoro

A volte le critiche possono essere ingiuste e nel peggiore dei casi celare l’intenzione di fare del mobbing al dipendente.

Se le critiche costruttive sono un’occasione per formare il lavoratore, migliorarlo e renderlo più produttivo, le critiche distruttive, spesso condotte anche tra colleghi, sono decisamente più delicate da affrontare:

1) Mantenere la calma

In questo caso viene più naturale reagire d’istinto perché ci si sente vittima di un’ingiustizia. Tuttavia, come nel caso delle critiche costruttive, mantenere la calma è soluzione migliore.

2) Difendere le proprie ragioni

Solo il tempo, l’esperienza e la situazione personale può rivelare se la critica è di tipo costruttivo o distruttivo. Quando si hanno ragioni motivate ed evidenti a sostegno del proprio lavoro, allora è arrivato il momento di farle valere.

Per difendere il proprio lavoro svolto è necessario essere sicuri che il compito sia stato eseguito in maniera corretta ed è necessario altresì utilizzare le proprie abilità dialettiche per motivare le proprie ragioni, soprattutto agli occhi delle altre persone eventualmente presenti alla discussione.

In un contesto simile, sarebbe opportuno evidenziare che il feedback negativo ricevuto si basa su considerazioni personali ed è quindi consigliato utilizzare espressioni come: “Dal mio punto di vista”, “secondo me”, “Se posso permettermi” così da mantenere la discussione cordiale ed evidenziare allo stesso tempo l’inconsistenza della critica ricevuta.

3) Non permettere che l’autostima venga danneggiata

Quando le critiche sono distruttive significa che l’obiettivo è minare l’autostima e il morale dell’interlocutore. Se dopo aver provato a far valere educatamente le proprie ragioni non si nota alcun progresso nella discussione, allora è arrivato il momento di pensare al proprio futuro lavorativo.

Il lavoratore che subisce episodi di mobbing sul posto di lavoro, può dimettersi per giusta causa, beneficiare del sussidio NaspI e trovare un lavoro migliore.

Come i dipendenti reagiscono alle critiche costruttive

È interessante notare, come evidenziato da Jack Zenger e Joseph Folkman in un sondaggio pubblicato su Harvard Business Review come la maggior parte dei dipendenti apprezza le critiche costruttive e i così detti feedback correttivi.

Il sondaggio mostra che il 57% dei dipendenti preferisce più una critica costruttiva che una lode o un apprezzamento. Gli stessi autori evidenziano altresì che:

  • A volte la capacità di ascoltare è di per sé un feedback oltre che sintomo di leadership. Se un datore di lavoro vuole entrare in empatia con i propri dipendenti e farli rendere al massimo, allora il vero feedback è l’ascolto. Muovere una critica assicurandosi che i dipendenti possano esporre la propria opinione sembra essere il modo migliore per ottenere i risultati desiderati.
  • I lavoratori preferiscono di gran lunga ricevere un feedback costruttivo piuttosto che fornirlo.
  • I lavoratori più anziani sono più propensi a ricevere ed accettare le critiche rispetto le nuove generazioni e sono anche più propensi a fornire critiche costruttive.

Inoltre,

  • la ricerca: “Consequences of individual feedback on behavior in organizations” mette in luce il fatto che un feedback per essere davvero utile ad un lavoratore è necessario che sia collegato ad obiettivi specifici. Quando il feedback è al contrario generale, il lavoratore ha difficoltà a comprendere come migliorarsi.
  • Studi dimostrano come si innescano particolari meccanismi psicologici positivi quando la critica compara le prestazioni di un individuo con un altro individuo dalle prestazioni leggermente superiori. È quanto emerge in uno studio del 2011 dell’University of Pennsylvania
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