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L’applicazione del contratto a tutele crescenti

Il contratto a tutele crescenti è una delle modifiche introdotte in tema di lavoro dal Jobs Act nel 2015.

Nonostante siano passati diversi anni ormai, i lavoratori hanno ancora molti dubbi riguardo il funzionamento e l’applicabilità del contratto a tutele crescenti.

In prima battuta si può dire che le tutele crescenti sono state introdotte al fine di proteggere i lavoratori grazie all’adozione di regole e procedure definite e volte a scongiurare i casi di licenziamento illegittimo.

In caso di licenziamento, avvenuto senza una giusta motivazione, vi è l’obbligo per il datore di lavoro di corrispondere un’indennità in favore del lavoratore il cui importo è stabilito dal livello di anzianità. Quest’ultima è forse la principale novità contenuta nel provvedimento.

Inoltre, sono state, altresì, introdotte forme di tutele più stringenti volte a prevenire il licenziamento illegittimo a seguito di atteggiamenti discriminatori.

In questo articolo, affronteremo il tema dei contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti sotto molteplici punti di vista.

Si vedranno i campi di applicazione e quali bonus e incentivi sono previsti per i datori di lavoro che decidono di adottarlo.

La parte finale dell’articolo è dedicata all’abolizione dell’articolo 18 presente nello Statuto dei Lavoratori. Questa è rivolta ai lavoratori coloro che sottoscrivono la tipologia di contratto a tempo indeterminato. Vedremo praticamente cosa ciò ha implicato e perché alcuni schieramenti politici e i sindacati si sono opposti.

Contratto a tutele crescenti: applicazione

Il contratto a tutele crescenti, secondo gli intenti del legislatore, ha la funzione di aumentare le tutele nei lavoratori che hanno una tipologia di contratto lavorativo a tempo indeterminato.

In particolare, le tutele crescenti si configurano quando vi è un licenziamento.

La tipologia di contratto si applica anche per coloro che hanno sottoscritto un nuovo contratto da tempo indeterminato o apprendistato in indeterminato.

Non sono inclusi i lavoratori che hanno sottoscritto un contratto prima del 7 marzo 2015, ai quali le tutele in caso di licenziamento illegittimo sono contenute nell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Al fine di comprenderne il significato e la funzione, bisogna fare un passo indietro.

Prima del 2015, il lavoratore con contratto indeterminato aveva sì dei diritti in caso di licenziamento illegittimo ma l’importo dell’indennità e le possibilità di reintegro non erano riportate uno specifico provvedimento.

L’introduzione del Decreto Legislativo del 4 marzo 2015, n.23, ha dunque, introdotto nuove disposizioni per coloro che hanno sottoscritto un contratto di lavoro a tempo indeterminato che si applicano in caso di ingiusto licenziamento.

Le suddette tutele fanno sì che al lavoratore spetti un’indennità il cui importo è determinato dal numero di anni di servizio presso l’azienda. Ciò spiega perché il contratto indeterminato viene oggi chiamato a: tutele crescenti

Tutele crescenti nel Jobs Act

Le tutele crescenti sono state introdotte nella riforma del lavoro attuata tra il 2015 e il 2016 dall’allora Primo Ministro italiano: Matteo Renzi.

La riforma chiamata in modo informale: Jobs Act, ha previsto vari provvedimenti tra cui, appunto, l’introduzione delle tutele crescenti nei contratti a tempo indeterminato.

Riprendendo quanto riportato nel su citato Decreto Legislativo, vediamo ora i campi di applicazione ed entriamo nello specifico dei contratti a tutele crescenti, mettendo in evidenza in principali punti contenuti nei 12 articoli.

Campo di applicazione

Il contratto a tutele crescenti si applica alle seguenti tipologie di lavoratori con contratto a tempo indeterminato:

  • impiegati,
  • operai,
  • quadri.

La normativa si rivolge a tutti i neoassunti successivamente al 7 marzo 2015 e risultano esclusi i dirigenti.

Inoltre, il datore di lavoro, nel caso in cui abbia il requisito occupazionale stabilito nell’articolo 18 deve attenersi alle disposizioni contenute nel Jobs Act anche se l’assunzione è avvenuta prima del 7 marzo 215.

Tutele per i lavoratori

Quando il giudice si pronuncia annullando un licenziamento poiché avvenuto per ingiusta causa, il datore di lavoro è obbligato a reintegrare il lavoratore nell’azienda, indipendentemente dalla motivazione.

Il lavoratore, una volta ottenuto il parere del giudice, deve tornare al lavoro entro 30 giorni. Se non dovesse tornare sul posto di lavoro il rapporto si intende risolto salvo il caso in cui abbia richiesto un’indennità.

Il giudice, in caso di licenziamento illegittimo, condanna il datore di lavoro a corrispondere un’indennità.

Quest’ultima viene calcolata prendendo come riferimento l’ultima retribuzione percepita dal lavoratore e viene corrisposta per tutto il periodo in cui il lavoratore non si è recato in azienda fino al giorno dell’effettivo reintegro.

Il datore di lavoro, durante il periodo che intercorre tra il licenziamento e la pronuncia del giudice, se questo riconosce illegittimo il licenziamento, dovrà altresì versare i contributi previdenziali e assistenziali.

Diritti del lavoratore

L’articolo 3 del Decreto, stabilisce che è facoltà del lavoratore richiedere un’indennità di 15 mensilità invece di accettare il reintegro sul posto di lavoro.

Come visto, le mensilità corrisposte hanno un importo calcolato sulla base dell’ultima retribuzione ricevuta.
Il lavoratore che, quindi, opti per l’indennità non ha più un rapporto di lavoro con l’azienda.

Tale richiesta deve esser fatta entro 30 giorni che decorrono da quando il datore di lavoro ha inviato la domanda di riprendere il servizio al lavoratore.

L’indennità, inoltre, non comporta per il datore di lavoro il versamento dei contributi previdenziali.

Conciliazione

In caso di licenziamento per ingiusta causa, i contratti a tutele crescenti prevedono che, in alternativa, il datore di lavoro possa trovare un accordo con il lavoratore al fine di evitare che sia il giudice a pronunciarsi.

Il datore di lavoro può offrire, senza l’intervento del giudice, un’indennità che deve essere pari ad almeno tre mensilità ma non superiore alle ventisette.

Il pagamento avviene mediante assegno circolare e non si configura come reddito imponibile e non prevede la contribuzione previdenziale.

Quando il lavoratore accetta l’offerta di conciliazione, di conseguenza, il rapporto di lavoro può considerarsi terminato e implica, altresì, che il lavoratore non possa più rivolgersi ad un giudice per ottenere ulteriori indennizzi o il reintegro sul posto di lavoro.

Licenziamenti collettivi

Il Decreto si applica nel medesimo modo anche in caso di licenziamenti collettivi. I lavoratori possono quindi sia essere reintegrati in azienda oppure ricevere un’indennità, la quale copre da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità.

Contratti a tutele crescenti nelle piccole imprese

La normativa contenuta nel Jobs Act è bene specificare che è riferita anche alle piccole imprese quelle cioè con meno di 15 dipendenti.

Tuttavia, le piccole imprese, nel caso in cui un giudice riconosca l’illegittimità del licenziamento, devono corrispondere un’indennità dimezzata negli importi e, in ogni caso, inferiore alle sei mensilità.

Contratto a tutele crescenti: bonus e incentivi all’occupazione

Per un lavoratore, come abbiamo visto, il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, rappresenta una forma di tutela che consente, in caso di licenziamento illegittimo, o riavere il posto di lavoro oppure di richiedere un’indennità.

La misura contenuta nel Jobs Act ha dunque offerto una nuova forma di protezione per i lavoratori, scongiurando così, il più possibile, il verificarsi dei licenziamenti illegittimi.

L’intento dei legislatori dal 2015 al 2021 non si è fermato solo all’introduzione di una tutela in caso di licenziamento illegittimo ma ha altresì promosso e promuove tutt’oggi l’adozione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti grazie all’introduzione di numerosi sgravi e incentivi all’occupazione.

Restando sul tema del contratto a tutele crescenti, vediamo ora verso quale direzione il Governo italiano sta cercando di portare le politiche volte a migliorare la situazione lavorativa nel Paese.

Contratto a tutele crescenti: incentivi e bonus all’occupazione

Il contratto indeterminato a tutele crescenti è oggi una buona opzione sia per i lavoratori che per i datori di lavoro. Questi ultimi, grazie a quanto contenuto nella legge di bilancio del 2018, godono di una riduzione dei contributi previdenziali da versare in favore del lavoratore.

L’agevolazione si configura solo nei contratti a tutele crescenti verso giovani lavoratori con età inferiore ai 35 anni a condizione che, durante la loro carriera lavorativa non abbiano mai sottoscritto un contratto a tempo indeterminato.
La riduzione è attiva per un periodo totale di 36 mesi.

Nello specifico

  • il datore di lavoro, adottando una forma di contratto a tempo indeterminato gode di una riduzione contributiva del 50% sui contributi previdenziali che sale al 100% nel caso in cui il lavoratore abbia terminato un ciclo di studi da massimo 6 mesi.
  • La riduzione, che abbiamo visto può essere applicata per 36 mesi, non può comunque superare i 3.000 EUR annui.
  • È valida anche in caso di trasformazione da contratto determinato o apprendistato a indeterminato;
    Non si applica in caso di lavoro domestico.

Incentivi per i lavoratori del Sud Italia

L’adozione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti è ulteriormente vantaggiosa per i datori di lavoro e i lavoratori residenti nel Mezzogiorno. Le leggi di bilancio 2018 e 2019 prevedono un esonero contributivo del 100% per tutti i lavoratori under 35 disoccupati dal almeno 6 mesi.

Bonus per l’assunzione di giovani talenti

La legge di bilancio del 2019 ha previsto altresì un incentivo per i datori di lavoro che assumono un lavoratore a tempo indeterminato ed in possesso di una laurea magistrale o di un dottorato di ricerca.

Anche in questo caso l’incentivo previsto riguarda l’esonero del pagamento dei contributi previdenziali ed ha una durata di 12 mesi.

Il giovane neo assunto deve essere in possesso di una laurea magistrale ed essersi laureato con una votazione pari a 110 e lode e con una media ponderata di almeno 108/110.

Deve inoltre avere un’età inferiore a 30 anni.

Incentivi per imprenditori agricoli

Anche il settore dell’agricoltura può godere di importanti benefici.

I datori di lavoro che assumono lavoratori a tempo indeterminato con età inferiore a 40 anni possono beneficiare dell’esonero del versamento contributivo per un periodo massimo di 24 mesi.

Percettori del reddito di cittadinanza

Il datore di lavoro che assume uno o più percettori del reddito di cittadinanza usufruisce dell’esonero del versamento dei contributi previdenziali fino ad un massimo di 780 EUR mensili.

Contratto a tutele crescenti: incentivi per le donne lavoratrici

La stipula di un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti prevede importanti incentivi per coloro che assumono donne lavoratrici vittime di violenza o neo mamme.

Le misure sono volte ad un maggiore parità di genere e di fatto rientrano in quell’insieme di misure realizzate per una maggiore tutele dei diritti delle donne.

Vittime di violenza di genere

Le cooperative sociali che assumono a tempo indeterminato le donne vittime di violenza di genere usufruiscono di un contributo sotto forma di sgravio contributivo per l’assicurazione previdenziale e assistenziale per una durata di 36 mesi. L’importo massimo dello sgravio è di 350 EUR mensili.

Donne e sport

Al fine di agevolare la pratica dello sport a livello professionistico tra le donne, le società sportive che sottoscrivono contratti con le atlete sono esonerate dal pagamento degli oneri previdenziali.
Il limite massimo dello sgravio è di 8.000 EUR su base annua.

La misura è rivolta alle associazioni sportive dilettantistiche, alle federazioni sportive, agli enti di promozione dello sport.

La misura è inoltre estesa non solo alle atlete ma anche alle allenatrici, le istruttrici, e tutte le figure che gravitano attorno le società sportive: preparatori atletici, direttrici sportive, direttrici tecniche.

Donne di qualsiasi età

Assumere una donna, indipendentemente dall’età, stipulando un contratto a tempo indeterminata, comporta per il datore di lavoro una riduzione del 50% dei contributi da versare a carico del lavoratore per una durata massima di 18 mesi.

Congedo di maternità

L’azienda con un numero inferiore a 20 dipendenti usufruisce di uno sgravio contributivo del 50% quando il datore di lavoro assume un lavoratore in sostituzione di un altro lavoratore assente per congedo parentale sia questo di maternità o di paternità.

Lo sgravio è valido fino al compimento del primo anno di vita del figlio della lavoratrice o del lavoratore.

Contratti a tutele crescenti: vantaggi e svantaggi

Come confermato dagli esperti, i vantaggi derivanti dall’introduzione dei contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti sono indubbi.

Il lavoratore, quando licenziato illegittimamente, può ottenere sia il reintegro sul posto di lavoro oppure può beneficiare di un cospicuo indennizzo.

La normativa è stata introdotta nel tentativo di mettere ordine al mondo del lavoro in Italia cercando di agevolare, come abbiamo visto, l’ingresso nel mondo del lavoro sia alle donne che ai lavoratori in generale.

Il contratto a tutele crescenti ha tra i vantaggi l’aver sostituito i contratti di collaborazione a progetto (Co.Co.Pro.).

Questi ultimi, sono stati da molti considerati come i maggiori responsabili dell’instabilità lavorativa e del precariato e, pertanto, sono stati rimossi dal Jobs Act.

Tuttavia, non mancano alcune lacune che dal 2015 ad oggi non sembrano ancora essere state colmate.

Tra gli svantaggi dei contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti si evidenzia come tale tipologia non sostituisca la possibilità, per un datore di lavoro, di adottare un contratto a tempo determinato così da ovviare a tutta la serie di vantaggi e tutele elencati in questo articolo e proprie dei contratti indeterminati.

Vediamo ora in dettaglio i vantaggi portati dall’adozione dei contratti a tutele crescenti.

Incentivi rivolti alle assunzioni a tempo indeterminato

La tipologia di contratto, accompagnata da numerosi incentivi e sgravi fiscali rivolti ad una vasta platea di lavoratori, dovrebbe spingere i datori di lavori ad adottare i contratti indeterminati riducendo, in linea teorica, il precariato.

Meno inquadramenti professionali poco definiti

La normativa ha l’obiettivo di ridurre il più possibile la presenza di lavoratori inquadrati con tipologie di contratto poco tutelanti come collaboratori esterni o CoCoPro.

La presenza di ammortizzatori sociali

I contratti a tempo indeterminato sono i più indicati per il lavoratore il quale può beneficiare di tutta una serie di ammortizzatori sociali in caso, ad esempio, di maternità, infortunio, malattia e ovviamente licenziamento senza giusta causa.

Successivamente all’adozione del Jobs Act, non sono mancate le critiche. Queste sono sia di carattere generale, sia specifiche per la forma contrattuale trattata in questo articolo.

Inerentemente alla forma di contratto a tutele crescenti la critica principale riguarda l’articolo 18, il quale non risulta più applicato per coloro che sottoscrivono il suddetto contratto.

Abolizione dell’articolo 18

I lavoratori assunti a tempo indeterminato di fatto non sono tutelati dall’articolo 18 presente nello Statuto dei Lavoratori.

In pratica, fatta eccezione per casi quali: discriminazione di genere, razziale, politica o religiosa, che sono motivi che non ammettono il licenziamento del lavoratore, per tutti gli altri motivi il licenziamento è considerato legittimo.

In altre parole, un lavoratore che ha un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti può essere licenziato per motivi economici e trovarsi da un giorno all’altro senza lavoro, nonostante sia previsto comunque un indennizzo.

Il licenziamento, come previsto dalla legge, deve essere giustificato da motivi economici e oggettivi. Tuttavia, sono stati numerosi negli anni sia alcuni schieramenti politici che i sindacati ad evidenziare il rischio che, in questo modo, ogni crisi economica aziendale potrebbe implicare il licenziamento per giusta causa dei lavoratori.

In conclusione, come ogni riforma inerente ad importanti temi: lavoro, scuola, fisco, porta con sé pareri favorevoli ma anche numerose critiche.

Il contratto a tutele crescenti sembra essere un compromesso che punta all’equità. Da un lato è, infatti, evidente il tentativo di agevolare l’adozione di contratti a tempo indeterminato, dall’altro è stato previsto per le aziende un modo di licenziare i propri lavoratori in caso di gravi crisi finanziarie interne.

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