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Professione Artigiano Digitale

Il primo passo per capire il lavoro dell’artigiano digitale è tentare di definirlo in maniera concisa ma esauriente.

Essendo una professione che è nata in tempi recentissimi e che si sta ancora definendo, non è così semplice, ma possiamo prendere in prestito la definizione che ne dà il giornalista e saggista statunitense, ex direttore di Wired, Chris Anderson:  

 “un maker è chiunque utilizzi strumenti digitali con un comune computer per sviluppare progetti e prototiparli da sé. Inoltre un maker normalmente condivide i propri progetti online e collabora con la comunità dei maker” 

Chris Anderson

Chi è un artigiano digitale 

Un artigiano digitale ricorda un po’ l’immagine dell’inventore da “cartone animato”, uno “smanettone” che con entusiasmo e creatività utilizza strumenti ad alto livello tecnologico come stampanti 3D, fresatrici a controllo numerico, taglierine laser per produrre oggetti da sé, che possono andare dai portachiavi alle biciclette, dalle lampade ai bicchieri e tante altre cose.

Un po’ come i vecchi artigiani che nelle botteghe utilizzavano martelli, trapani e seghe su legno, paglia e ferro per creare tutta una gamma di oggetti e strumenti utili, gli artigiani digitali compiono lo stesso lavoro sfruttando però i vantaggi della tecnologia.

I digital maker lavorano nei Fab Lab e usano macchinari come frese o stampanti 3D, ma anche software open source, aggiornamenti e applicazioni che si possono scaricare gratuitamente dal web. Il digitale, del resto, favorisce condivisione di competenze e attrezzature, contribuisce a recuperare, in modo nuovo e con strumenti nuovi, quella manualità artigianale che ha reso grande il Made in Italy, e che genera innovazione, lavoro e sviluppo, con importanti ricadute sociali. 

L’artigiano digitale è in pratica un programmatore informatico, che si occupa di sviluppare algoritmi, codici sorgente, app, software e via dicendo.

Se a descriverlo così sembra veramente una figura molto lontana dall’artigiano che lavora sporcandosi le mani in bottega, in realtà il mondo digitale è molto vicino concettualmente a quello dell’artigianato.

Il metodo informativo, che consiste nel creare software, app, interfacce digitali, modelli 3D, è per sua natura profondamente artigianale, lontanissimo dalle logiche del processo industriale, dal momento che non può essere in alcun modo standardizzato né automatizzato e perché sempre richiede un’elevata personalizzazione. 

Esattamente come succede per i manufatti realizzati artigianalmente, le soluzioni digitali che vengono elaborate da un maker non sono mai prodotte da comportamenti o metodi standard, ma al contrario sono il frutto di un continuo adattamento degli strumenti informatici a contesti sempre nuovi, specifici ed unici. In questo l’impresa digitale possiede quelle caratteristiche di competitività, unicità e diversità che la fanno definire artigiana. 

Inoltre, sempre per continuare con l’analogia tra cultura artigiana e cultura informatica, il concetto di riparazione e manutenzione, operazioni attraverso le quali si capisce veramente il funzionamento di una cosa, è strettamente legato a quello di produzione, per cui solo chi gestisce entrambe le cose possiede la visione che va oltre i singoli componenti per inquadrare la finalità complessiva dell’oggetto o del software. 

I nuovi artigiani digitali fanno di tutto: dalle produzioni di tipo ingegneristico, come apparecchiature elettroniche, realizzazioni robotiche, dispositivi per la stampa 3D, macchinari a controllo numerico, a quelle più convenzionali, come la lavorazione dei metalli e del legno. 

L’utilizzo delle nuove tecnologie nell’artigianato ormai è imprescindibile, dal momento che il digitale è entrato prepotentemente nella vita quotidiana di chiunque.

Per l’artigiano la questione non è tante se diventare digitale, ma in che forma e con che modi. Tutte le imprese, al giorno d’oggi, devono utilizzare le nuove tecnologie, quanto meno per ottimizzare i costi, raccontarsi e proporsi al meglio e arrivare a quei mercati e clienti che erano impossibili da raggiungere fino a pochi anni fa, attraverso economie di rete e social networking per esempio.

Ma ogni artigiano deve individuare e imparare a utilizzare in particolare quelle tecnologie digitali più adatte ai suoi manufatti e al suo settore merceologico.   

La grandissima diffusione delle tecnologie digitali, la filosofia open source, i routine software riutilizzabili, la standardizzazione delle interfacce e i modelli 3D di oggetti stampabili forniscono all’artigiano un’eccellente materia prima digitale, composta di prestazioni elevate a prezzi contenuti, che può facilmente adattare alle sue esigenze specifica.

Se nel settore industriale la digitalizzazione si è tradotta principalmente nella semplice automazione dei processi produttivi, con l’introduzione di robot al posto dei dipendenti, nell’artigianato ha significato uno stimolo ad alzare gli standard, migliorando i propri prodotti. 

Dall’artigianato tradizionale del Made In Italy a quello digitale 

L’artigianato italiano è sempre stato terreno fertile per l’innovazione, basti pensare agli innumerevoli utensili e macchinari creati dagli artigiani, per non parlare delle sperimentazioni su nuovi materiali e di tecniche innovative.

L’Italia è un paese dalla forte creatività in cui le aziende artigiane sfornano continuamente prodotti dall’eccezionale qualità, ed il digitale è una chiave per rinnovarsi che piccole e medie imprese devono saper sfruttare.

Nel terzo millennio la sfida dell’artigianato è riuscire a sfruttare le nuove tecnologia, riorganizzare le risorse e soprattutto imparare a lavorare in rete.  

In Italia l’artigianato è sempre stato visto quasi come un percorso alternativo allo studio, mentre l’informatica è percepita come materia di alta specializzazione accademica.

In realtà sono due ambiti che non sono così distanti nella pratica. L’artigiano digitale, nella sua funzione di programmatore, deve comunque effettuare operazioni manuali, fosse anche solo la scrittura di numerose e complesse stringhe di codice attraverso la tastiera.

D’altro canto l’artigiano ha sempre dovuto svolgere un’attività di astrazione, sviluppando elaborati e progetti prima di tradurli in una lavorazione manuale, così come ha sempre dovuto fare attività di comunicazione per raccontare i suoi progetti e la sua professionalità, oltre che studiare e aggiornarsi di continuo.

È estremamente sbagliato contrapporre teoria e pratica, oppure studio e lavoro.  

L’artigianato digitale ha avuto un grande sviluppo tra i giovani perché i ragazzi sono molto vicini alla cultura artigiana. La maggior parte degli studenti quando viene interpellato sul proprio lavoro ideale, risponde che sogna di fare un lavoro creativo, innovativo e che regali soddisfazioni, qualcosa di molto vicino al mestiere artigianale.  

Fare gli artigiani digitali presuppone aderire ad una certa filosofia di vita: bisogna amare il proprio lavoro, metterci passione e cura, la cosiddetta maestria, la craftsmanship artigiana, innovare e condividere conoscenze ed esperienze attraverso le comunità virtuali, gli spazi di co-working, gli open data. Il rapporto tra artigianato e territorio è fondamentale, soprattutto in Italia.

Oggi è fondamentale essere glocal, ovvero avere una forte identità legate alle proprie radici e alla propria cultura e allo stesso tempo essere totalmente aperti verso il mondo. 

Come si diventa artigiani digitali 

Diventare artigiano digitale è relativamente semplice.

Negli ultimi anni il movimento ha subito una notevole espansione, raggiungendo anche chi pensava che fossero necessarie elevate conoscenze nel campo tecnologico per entrare nell’ambito, e le persone che vi si avvicinano sono sempre di più. 

Il mondo dei maker può apparire complicato ed inaccessibile, ma per la natura open source che caratterizza tutti i progetti e con tutto il materiale presente online diventare artigiani digitali è più semplice di quanto si pensi.

Apprendendo alcuni fondamenti si può iniziare a muovere i primi passi in questo mondo che offre moltissime opportunità, se si ha abbastanza inventiva e spirito di iniziativa. 

Per poter diventare artigiano digitale per prima cosa bisogna avere un pacchetto di conoscenze adeguato a trasformare in realtà le proprie idee.

Costruirsi un background all’altezza richiede tempo e dedizione, a seconda dal grado di conoscenza da cui si parte.

Un tempo la programmazione e le conoscenze tecniche erano alla portata esclusivamente degli addetti ai lavori, ma al giorno d’oggi l’anima open source del movimento dei maker permette a tutti di imparare a trasformare le idee in realtà.    

La prima cosa da fare per diventare un artigiano digitale è scegliere quale tra i moduli presenti in commercio sia adatto al nostro progetto, come ad esempio l’Intel Curie, Intel Galileo ed Edison.

È estremamente importante scegliere bene il modulo in base alle peculiarità che permettono di sviluppare in maniera più semplice ed immediata una determinata tipologia di progetto rispetto ad altre.

Per fare qualche esempio, sulla scheda Genuino 101 troviamo Inter Curie, che è un modulo pensato appositamente per creare un’innovativa serie di dispositivi intelligenti ed indossabili.

Anche il modulo Intel Edison è pensato per dispositivi indossabili, ma con un’architettura più orientata alla fase di realizzazione prototipi IoT. 

Ad ogni modulo è possibile abbinare uno starter pack.

Una volta che scegliamo il modulo più adatto alle nostre esigenze, potremo ottenere anche una guida e alcuni progetti con cui iniziare da zero.

In questa maniera attraverso lo starter pack potremmo iniziare a prendere confidenza con il modulo, ma in seguito è opportuno imparare le basi del linguaggio di programmazione utilizzato negli esempi.

Tra i principali linguaggi utilizzati dagli artigiani digitali troviamo C/C++, Python, JavaScript e Node.js. 

Per quanto banali e semplici possono sembrare i primi progetti, sono essenziali per comprendere ed imparare le basi e gli elementi fondamentali dei makers.

Il classico tutorial su come accedere dei LED collegati ad una breadboard è il primo passo di percorso che progetto dopo progetta fa aumentare le nostre competenze in maniera esponenziale permettendoci di affrontare progetti sempre più complessi e trovare più agevolmente le soluzioni più efficaci ad ogni problema. 

Negli ultimi anni stanno nascendo molte altre forme di apprendimento per gli aspiranti artigiani digitali.

Esistono nelle scuole progetti che forniscono agli insegnanti le competenze digitali da trasmettere agli studenti, così da creare una generazione di giovani artigiani digitali che imparino quest’arte in maniera quasi ludica e che quindi siano predisposti alle innovazioni ed ai lavori del futuro.

Anche la televisione si è accorta della comunità dei Makers tanto che stato realizzato il primo reality dedicato al mondo dei Makers. In America’s Greatest Makers, sponsorizzato da Intel, oltre alla competizione tra vari team ed al premio di 1 milione di dollari, vengono mostrati tutorial riguardanti stampa 3D, prototipazione, saldatura, taglio laser, gestione dei sensori e molto altro.   

Il percorso per diventare maker sta diventando sempre più semplice anno dopo anno. La voglia di imparare ed innovare è un prerequisito fondamentale.

Sia in maniera individuale o formando un team di appassionati con gli stessi obiettivi è possibile realizzare ciò che potrebbe essere la prossima evoluzione tecnologica del futuro. 

Le Maker Faire 

Per diventare dei bravi artigiani digitali non si può prescindere dall’aspetto comunitario e di condivisione che caratterizza l’ambiente.

Conoscere altri maker, condividere le proprie conoscenze e ricevere stimoli sempre maggiori da altre persone appassionate da questi temi sono requisiti fondamentali per compiere un percorso di apprendimento continuo che porti ad una crescita professionale. 

Per questo motivo le cosiddette Maker Faire diventano degli appuntamenti irrinunciabili per chiunque voglia avere successo in questo campo.

Le Maker Faire nascono nel 2006 nella zona della Bay Area di San Francisco come un evento promosso dalla rivista Make: magazine.

Da allora è cresciuto in una grande rete mondiale di eventi di punta e di eventi indipendenti.

Si tratta di luoghi in cui persone di tutte le età si riuniscono per mostrare ciò che stanno facendo e condividere ciò che stanno imparando.

Nel 2018, dopo tredici anni di attività, l’evento di San Francisco ha visto la partecipazione di circa 1200 maker, con un pubblico ci 100.000 persone.

La World Maker Faire New York, l’altro evento di punta della rete, ha potuto contare su più di 900 maker presenti e 95.000 partecipanti. Nelle maggiori città mondiali, tra cui Berlino, Parigi, Roma, Tokyo e Shenzhen, si svolgono quaranta Maker Faire di grandi proporzioni, ma oltre 170 Mini Maker Faire sono organizzate in maniera indipendente dalla comunità degli artigiani digitali in 44 paesi in tutto il mondo.

Alla Maker Faire è possibile trovare centinaia di progetti incredibili e dialogare faccia a faccia con i loro creatori, ampliando il proprio bagaglio di conoscenze e confrontandosi su idee e progetti futuri.  

Quanto si guadagna e che carriera si può fare  

Gli artigiani digitali stanno già cambiando l’economia e il mondo del lavoro dal basso, con una rivoluzione silenziosa che va incoraggiata e supportata.

Ad oggi però è molto difficile inquadrare il lavoro del maker e fare una stima di quanto può andare a guadagnare.

Molto dipende dai suoi progetti, dalla sua inventiva e da come può rispondere il mercato.

Il guadagno di un artigiano digitale dipende essenzialmente dal settore in cui lavora, se è freelance o collabora con uno dei laboratori fisici o virtuali presenti in Italia. 

Anche la semplice stampa 3D può generare ricchezza anche in questo ambito.

Partire con l’ausilio della piattaforma 3D Hubs permette di iniziare a prendere qualche lavoretto per ripagarsi del materiale di consumo, fare esperienza e, se si è attivi e propositivi, ripagarsi il costo della stampante in un anno.

Per riuscire a viverci, però, l’attività va promossa, supportata da una rete di relazioni con potenziali clienti, curata nella formazione e nella propria capacità fino a renderla una professione che abbraccia tutti gli aspetti e non solo il service.

Una stampante 3D low cost in media vale fra i 10 e i 12 euro all’ora se la si utilizza per la stampa di pezzi conto terzi. Non ha bisogno di grande attenzione una volta che la stampa è avviata correttamente e quindi può produrre mentre si fa anche dell’altro.

Con un rapido calcolo, con cinque ore di stampa al giorno e cinque giorni alla settimana si arriva a un migliaio di euro di introito mensile. Se poi le ore diventano otto e si aggiunge il sabato, il totale diventa di oltre 1.900 euro al mese. 

Manuale del Maker 

Un supporto utilissimo per capire come muovere i primi passi nel settore è il Manuale del Maker, di Andrea Maietta e Paolo Aliverti.

Si tratta di un libro di 324 pagine con oltre 300 immagini a colori, da anni assunto a vero e proprio testo di base del movimento maker, in cui vengono spiegate tutte le tecniche e le pratiche per trasformare immediatamente le proprie idee in progetti concreti, utilizzando le nuove tecnologie digitali, l’elettronica e la programmazione. 

Spiega nel dettaglio i vari strumenti del maker, dalla stampante 3D alla fresatrice a controllo numerico, alla taglierina laser, con suggerimenti e trucchi.

Ma affronta anche i temi legati alle start up e alle questioni di chi decide di avviare un’attività, tra venture capitalist, business angel e ricerca del finanziamento.   

Quindi punta sull’uso dell’elettronica e di Arduino per dare vita agli oggetti.

Arduino è una sorta di piccolo computer che può interagire con il mondo circostante: grazie ai sensori può rilevare eventi fisici e compiere determinate azioni sulla base di regole decise dal maker.

Ad esempio, rilevando il livello di umidità di una serra, attiva o chiude l’irrigazione quando occorre.

E non solo: essendo open source, qualsiasi maker può adattare la scheda alle proprie esigenze.

Fino ad arrivare poi al cosiddetto Internet degli Oggetti (IoT) ovvero alla possibilità di fare interagire gli oggetti tra di loro, con le persone e con i social network. 

Possiamo chiudere questo excursus con un paio di citazioni dei due autori: 

“Credo che più che la tecnica sia importante lo stato mentale: bisogna partire da sé stessi. Non bisogna avere paura di provare a realizzare qualcosa e di sporcarsi le mani. Spesso non si parte neppure perché si crede di non essere in grado o di non avere l’abilità necessaria. Si sbaglierà e i risultati saranno scadenti, ma provando e riprovando, con costanza alla fine si diventerà abili”.  

Paolo Aliverti

“La rete mette a disposizione un insieme inesauribile di risorse. Noi abbiamo provato a condensare in un libro le prime, in modo da aiutare chi vuole partire e non vuole impazzire nelle ricerche, comunque l’unico modo per imparare a fare qualcosa è… farlo! Qualcuno dice che siano necessarie almeno 10.000 ore di pratica, quindi chi vuole fare il maker – ma anche l’artigiano tradizionale – deve rimboccarsi le maniche. Per fortuna le barriere all’ingresso e i costi di attivazione sono molto più bassi che in passato, quindi veramente chiunque può utilizzare i nuovi strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione.  

Il consiglio è di partire da un problema che abbiamo noi in prima persona e che vogliamo risolvere, magari cercando qualcuno che ci possa aiutare: il ruolo della comunità nel nuovo paradigma è fondamentale, e può accelerare moltissimo il processo di apprendimento e portare vantaggi enormi anche a livello sociale, perché avremo la possibilità di conoscere diversi esperti e appassionati con cui dividere le nostre emozioni. Inoltre con le nuove tecnologie il tempo e i costi necessari allo sviluppo di una soluzione valida, o addirittura di un prodotto per il mercato, sono decisamente più bassi rispetto all’utilizzo di strumenti tradizionali.” 

Andrea Maietta
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