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Le trappole del disoccupato

Trovare un lavoro è un compito arduo che attraversa diverse fasi, come la ricerca della giusta predisposizione mentale nel volersi mettere in gioco, la stesura di un curriculum vincente e di una lettera di presentazione efficace, la firma di un contratto di lavoro.

Trovare un impiego non è un percorso lineare e varia a seconda dell’età delle capacità e dell’esperienza.

Partendo dalla definizione di disoccupato e delle misure proposte per contrastare la trappola della disoccupazione, in questo articolo si forniscono utili consigli riguardo gli errori da evitare nella ricerca di un impiego e un’analisi sui risvolti psicologici in un individuo costretto a lunghi periodi di disoccupazione.

Stato di disoccupazione, definizione

Un disoccupato è colui che si ritrova senza un impiego ma ha dichiarato la propria immediata disponibilità (DID) a intraprendere un percorso lavorativo, rendendosi disponibile alle misure previste dalla politica attiva del lavoro accordate con il Centro per l’Impiego.

Lo status di disoccupato è una condizione necessaria sia per l’accesso all’indennità di disoccupazione NASpl e DIS-COLL sia per l’iscrizione nell’elenco dei servizi per il collocamento mirato.

La Circolare 34 del 2015 del Ministero del Lavoro precisa che l’essere disoccupato non riguarda soltanto chi non svolge un’attività lavorativa in forma subordinata, parasubordinata o autonoma ma anche chi ha un reddito annuo inferiore al reddito minimo escluso dall’imposizione fiscale (8.145 EUR per il lavoro subordinato e parasubordinato e 4.800 EUR per il lavoro autonomo).

Quali insidie nasconde lo status di disoccupato

In un articolo per la rivista statunitense The Atlantic, la giornalista Gillian B. White pone l’accento sul fatto che un lavoratore quando non trova un impiego per lunghi periodi di tempo entra in una vera e propria trappola che lo conduce ad accettare posizioni lavorative per le quali risulta sottopagato o iper-qualificato. Questo meccanismo porta un progressivo aumento della povertà influenzando i guadagni di un individuo.

Ottenere una posizione lavorativa svantaggiosa rispetto la precedente, è particolarmente vero per quelle fasce di popolazione più disagiate, poiché queste ultime non hanno una disponibilità economica tale da garantire sostenibilità per lunghi periodi di tempo.

Gli errori da evitare nella ricerca di un lavoro

Lifehack.org è un portale fondato da Leon Ho che si occupa di diffondere buone pratiche utili a raggiungere gli obiettivi della propria vita in modo intelligente.

All’interno del sito, in un articolo scritto da Steve Kux vengono descritti i 10 comuni errori che vengono commessi durante la ricerca di un lavoro e, integrati con i suggerimenti di Francesca Contardi managing director di EasyHunters un’agenzia che si occupa di ricerca e selezione del personale, sono qui in basso riportati.

Mancanza di contenuti specifici per la posizione richiesta nel curriculum

Il curriculum dovrebbe contenere al suo interno il perché il proprio profilo è adatto per la posizione richiesta. Se ad esempio si è maturata esperienza in una catena di fast food è inutile metterla in evidenza quando si è alla ricerca di una posizione in un ufficio tecnico. Il consiglio è quello di avere curricula differenti che esaltino qualità specifiche a seconda del diverso tipo di lavoro a cui si invia la richiesta.

I selezionatori tendono a dare molta importanza alle competenze trasversali, soft skills, il sapere quali sono e come metterle in evidenza può risultare determinante.

Presentare un curriculum con errori grammaticali e di sintassi

Nello scrivere un curriculum è necessario prestare attenzione agli errori. È difficile infatti auto correggere la propria scrittura in quanto il cervello tende a dare per scontato il messaggio che si vuole comunicare portando a saltare dei passaggi e commettere errori che risultano evidenti a chiunque al di fuori di sé stessi legge il curriculum. Far rileggere i propri scritti ad un amico può aiutare ad evitare questo terribile errore.

Presentare un curriculum contenente una terminologia inflazionata o non adeguata

Secondo Contardi il 90% dei curriculum presenta espressioni simili, quali “ottime doti relazionali” “capacità di lavorare in team” “persona motivata”. Il fatto che chiunque usi le medesime espressioni ha fatto sì che queste perdessero di significato. Il consiglio è utilizzare termini meno inflazionati che descrivano meglio le proprie attitudini.

Non essere presenti online

L’era digitale impone che le esperienze maturate siano provabili e riscontrabili anche online. Esistono portali dedicati dove poter allegare il proprio curriculum mantenendolo sempre aggiornato. Ogni persona alla ricerca di un lavoro dovrebbe almeno avere attivo il proprio profilo LinkedIn.

Non fare alcuna ricerca sulla società a cui si richiede un lavoro

Quando finalmente si è accettati per un colloquio, è consigliato non dimenticarsi di fare meticolose ricerche sulla società a cui si è presentata una domanda di lavoro. Mostrare interesse per la compagnia, dimostrare di conoscere e di condividere i valori e la mission aiuta a dimostrare che si sta prendendo seriamente l’opportunità. Un buon primo passo è quello di consultare la sezione “Chi siamo” presente su ogni sito internet di un’azienda.

Inoltre, il buon esito di un colloquio può portare ad essere assunti per periodo di prova. È utile in questo caso conoscere tutti i diritti e gli scenari a cui si va incontro.

Presentare una domanda di lavoro solo basandosi sulle offerte presenti

La ricerca di un lavoro è un processo in cui è necessario essere attivi. Presentare domanda solo in base alle offerte presenti sul web o sulle riviste dedicate potrebbe non bastare. Le grandi aziende spesso non hanno particolari riserve nel valutare proposte anche al di fuori di un periodo prestabilito per la selezione di nuovo personale. Fare una ricerca sulle possibili aziende dove si desidera lavorare e inviare una e-mail allo studio delle risorse umane dimostra un interesse specifico per la loro attività indipendentemente dal fatto che ci siano o meno posizioni aperte.

Inviare a tutte le posizioni aperte la propria candidatura

È un modo di procedere utile solo a perdere tempo. Per ottenere un risultato è necessario focalizzarsi esclusivamente su quelle offerte di lavoro che realmente richiedono un profilo affine al proprio.

Non limitarsi solo alla rete

Il semplice inviare e-mail e curricula potrebbe non bastare. È importante tentare di stabilire un contatto diretto e personale con le persone giuste. Confrontarsi con amici e conoscenti potrebbe aiutare ad aprire le porte per un colloquio di lavoro senza passare per gli affollati canali ufficiali. Attenzione però, nel farlo è indicato essere perfettamente idonei per la posizione, essere informati e consapevoli che tali possibilità non accadono frequentemente.

Farsi prendere dallo sconforto

Trascorrere intere giornate ad ottimizzare il curriculum, lettere di presentazione e ricerca, può essere demoralizzante se non arrivano i risultati desiderati. Tuttavia, è importante mantenere un atteggiamento proattivo e positivo, farsi prendere dallo sconforto infatti ha un impatto negativo sull’intero processo di ricerca di una posizione lavorativa.

Essere insistenti

Quando non si riceve una risposta da un recruiter è inutile perseguitarlo con continue telefonate o messaggi. Questo atteggiamento infatti non porterà altro che diminuire le residue possibilità di essere ricontattato per una determinata occupazione. È accettabile una telefonata come promemoria senza andare oltre.

Cercare di impietosire il selezionatore

I selezionatori tendono a dare molta importanza alle personalità che sono in grado di reagire di fronte alle situazioni difficili. Fare la vittima non aumenta le possibilità di essere scelti per una determinata posizione.

Avere un indirizzo e-mail non professionale

Un elemento spesso trascurato è l’indirizzo e-mail utilizzato. Spesso un indirizzo con un nome stravagante non fornisce un primo impatto professionale.

Dimenticare di allegare la lettera di presentazione

Una lettera di presentazione allegata ad un curriculum dimostra attenzione a ciò che si sta inviando. Un recruiter infatti noterà l’impegno applicato nello spendere alcune parole proprie per la posizione richiesta.

Non essere in grado di valutare quale richiesta economica avanzare

È importante sapere con precisione quali condizioni contrattuali prevede un’azienda, ad esempio la quota di stipendio fisso e la quota variabile ed eventuali bonus o agevolazioni. Essere consapevoli di questi aspetti permette di richiedere uno stipendio adeguato alle possibilità dell’azienda evitando di presentare richieste troppo elevate o troppo basse.

Le tre macroaree nelle quali si commettono gli errori più comuni

Work it Daily è un portale che mette a disposizione un team di esperti e gli strumenti necessari per aumentare il rendimento e la felicità sul posto di lavoro. In un articolo scritto dal Presidente di Best Resume Writing Service Don Goodman e dal Brand Content Manager e reporter di Work it Daily, Aaron Sanborn sono state individuate tre macroaree nelle quali un disoccupato commette errori durante la ricerca di un lavoro.

Errori nel modo di cercare un impiego

Basarsi esclusivamente sugli annunci di lavoro per la ricerca, tralasciando l’importanza di costruire una rete di contatti.

Nessuna presenza online, i selezionatori di personale spesso ricercano i candidati in rete, avere un profilo che contenga le giuste parole chiave può risultare determinante.

Gestione inefficace del proprio profilo e curriculum online. L’obiettivo non deve essere esclusivamente quello di comunicare che si è alla ricerca di un lavoro e fermarsi nell’attesa che qualcuno visiti il profilo, piuttosto è indicato essere proattivi nella ricerca.

Errori di contenuto nel curriculum e nella lettera di presentazione

Un buon curriculum deve rispondere alla domanda “Cosa posso fare per l’azienda” e contenere informazioni specifiche per la posizione richiesta. Le informazioni non rilevanti non apportano alcun valore al curriculum.

Non utilizzare parole chiave e pertinenti. I recruiter spesso utilizzano software per il tracciamento di alcune parole chiave prima di visionare i curriculum.
Fare un elenco delle mansioni precedenti e delle responsabilità piuttosto che dei successi e dei risultati raggiunti.

Errori durante il colloquio di lavoro

Arrivare in ritardo significa implicitamente comunicare una scarsa considerazione verso la posizione lavorativa. Quando sopraggiungono cause di forza maggiore è buona usanza avvisare il selezionatore chiedendo di spostare l’appuntamento.

Non relazionarsi adeguatamente con il selezionatore, ad esempio non ponendo alcuna domanda che dimostri interesse verso l’opportunità offerta.

Fare discorsi negativi riguardo i precedenti datori di lavoro o colleghi. I selezionatori non apprezzano questo tipo di feedback poiché la tendenza è quella di evitare l’assunzione di persone che hanno avuto conflitti durante il corso delle loro esperienze passate.

Dimostrare di non conoscere l’azienda per la quale si sta sostenendo un colloquio. Il consiglio è quello di informarsi bene sul mercato di cui si occupa l’attività.

Scarsa comunicazione con il linguaggio del corpo, la comunicazione non verbale trasmette molteplici informazioni. Essere consapevoli di cosa si comunica con la postura e con i gesti delle mani può essere determinante.

Le trappole del disoccupato dal punto di vista psicologico

Dopo aver analizzato quali sono gli errori da non commettere al fine di evitare che lo status di disoccupato perduri nel tempo, un altro aspetto sul quale concentrarsi riguarda le conseguenze psicologiche che vengono a crearsi in un individuo che per un lungo periodo di tempo non riesce a trovare lavoro.

Gli effetti mentali e psichici sono un tema largamente dibattuto dagli studiosi.

Sul tema è presente uno studio sul portale dell’US National Library of Medicine National Institutes of Health, condotto da M. W. Linn, R. Sandifer, and S. Stein.

Il campione di individui considerato per l’analisi è di 300 persone divenuti disoccupati e messi a confronto con un numero uguale di persone che invece hanno continuato a lavorare. Sono stati raccolti e confrontati i dati psicologici e sanitari dei due gruppi mediante un’analisi multivariata di varianza e covarianza.

I risultati hanno dimostrato come il gruppo di persone disoccupate hanno presentato sintomi di depressione e ansia significativamente maggiori rispetto al gruppo dei lavoratori. Deviazioni standard elevate sono state rilevate nell’autostima, anche se alcuni individui hanno reagito meglio di altri grazie ad un maggiore supporto ricevuto dalla famiglia e dagli amici.

Inoltre, il campione di uomini disoccupati ha ricorso al proprio medico in maniera significativamente più elevata rispetto il campione di lavoratori, uno stesso risultato è stato ottenuto in merito all’assunzione di farmaci.

Un’altra ricerca dal titolo: “The psychological impact of unemployment and joblessness” è stata condotta da Arthur H. Goldsmith professore di economia alla Washington & Lee University, Willian Darity professore di Public Policy della Duke University, e Jonathan R. Veum dell’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Lo studio ha analizzato due campi principali, quello della produttività e del reddito perso a causa della disoccupazione da parte dell’individuo e l’impatto psicologico subito dal lavoratore e dalla sua famiglia.

La psicologia ha già dimostrano come lo status di disoccupazione può portare ad un deterioramento della salute mentale. Inoltre, sono presenti strumenti in grado di misurare vari aspetti inerenti alla salute emotiva.

Lo scopo dello studio condotto è triplice:

  • Perché la disoccupazione rischia di minare la percezione di un individuo sulle proprie capacità, portando a conseguenti impatti negativi di natura psicologica;
  • Analizzare la relazione tra la perdita del lavoro e “locus of control” il modo cioè in cui un individuo ritiene che gli eventi della propria vita derivino dai comportamenti e dalle scelte oppure siano causa di eventi indipendenti al proprio volere;
  • Indaga sul rapporto tra la mancanza di lavoro e come questa porti alla perdita di energia e autostima.

La ricerca, partendo dall’analisi economica riguardo le conseguenze causate dalla disoccupazione, riprende le considerazioni di Arthur Okun (1970). Okun pone l’accento su fatto che un elevato tasso di disoccupazione comporta agli stati oneri sociali più elevati sotto il profilo di minori entrate fiscale e maggiori spese dei governi nei programmi di previdenza sociale. Inoltre, l’individuo subisce una perdita in termini di competenze non acquisite a causa della disoccupazione.

Dal punto di vista psicologico, gli individuivi secondo Seligman e Maier (1967) fronteggiano un senso di impotenza che porta le persone a convincersi di non avere un controllo degli eventi che influenzano la vita. Seligman sostiene inoltre che questo tipo di convinzione conduca a una riduzione della motivazione nel cercare una nuova occupazione, innescando quindi un circolo vizioso. Il senso di impotenza si accentua tanto più aumenta il periodo di disoccupazione (Wortman e Brehm, 1975). L’impatto psicologico può inoltre protrarsi e influenzare anche le successive prestazioni lavorative sotto il profilo comportamentale.

Sulla base degli studi di Harrison (1976) e Hill (1977) quando un individuo si ritrova ad affrontare la disoccupazione attraversa tre fasi. In una prima fase si riscontra un senso di ottimismo dovuto alla convinzione di riuscire presto a trovare una nuova occupazione. Inoltre, registra un senso di sollievo dato dall’essere esonerati dai regimi e dai doveri lavorativi. La fine dell’ottimismo e dell’euforia avviene appena si prende consapevolezza di non riuscire a trovare in tempi brevi un nuovo lavoro, ciò porta l’individuo ad entrare in una fase intermedia in cui inizia ad avvertire un senso di debilitazione.

Questa fase porta un calo della motivazione nel cercare un nuovo lavoro e all’insorgere del pessimismo. La terza e ultima fase è quella in cui un individuo vive una disoccupazione di lunga durata. I sentimenti che si provano, portano una persona ad accettare e accontentarsi di essere disoccupati. In questa fase non avere un lavoro è visto come un evento al di fuori del proprio controllo, aumentando il senso di impotenza.

In conclusione, e sulla base degli studi condotti dagli esperti, risulta fondamentale non farsi coinvolgere da meccanismi psicologici che possono essere deleteri per una persona. Come suggerito durante l’articolo non bisogna farsi prendere dallo sconforto se un nuovo lavoro tarda ad arrivare, al contrario è necessario essere determinati, proattivi e positivi evitando tutte le trappole che un disoccupato può incontrare durante il percorso che intraprende nella ricerca di una nuova occupazione.

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