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Punti di forza

Marcus Buckingham è un riconosciuto autore inglese famoso per la sua capacità di motivare attraverso i discorsi e celebre consulente business.

Questo articolo parte concentrandosi sull’attività imprenditoriale di Buckingham che grazie alla società da lui fondata la Marcus Buckingham Company (TMBC) sviluppa programmi per la formazione manageriale e aiuta gli imprenditori a sfruttare i propri punti di forza sul posto di lavoro.

Come si legge dal sito ufficiale investire sui punti di forza permette di crescere in quei settori dove si è già forti.

L’articolo prosegue mettendo a confronto due personalità di imprenditore diverse e con differenti punti di forza, si sofferma sulle difficoltà riscontrate nel non saper esprimere i propri punti di debolezza durante un colloquio di lavoro, fornisce consigli su come trasformare le debolezze in qualità e indaga sulla letteratura scientifica presente riguardo i punti di forza.

Se l’obiettivo è quello di avere successo indipendentemente dal tipo di carriera che si sta percorrendo è necessario focalizzarsi sugli aspetti dove si riesce meglio e gestire quelli dove si riesce meno.

Questo assunto è vero in molteplici situazioni lavorative, proseguendo la lettura si vedrà come sfruttare i punti di forza durante un colloquio di lavoro e durante un lavoro di gruppo. Un capitolo sarà dedicato alle donne e riguarderà i punti di forza delle lavoratrici.

Sottolineare le abilità e riuscire a nascondere le debolezze può essere particolarmente utile durante un colloquio di lavoro in particolare quando si hanno capacità ma non esperienza.

Cos’è un punto di forza

Chiunque dovrebbe concentrarsi su ciò che effettivamente è in grado di fare meglio degli altri piuttosto che focalizzarsi sulle mancanze. Un approccio quest’ultimo che consente di ottenere un massimo ritorno sul tempo investito. È possibile, certamente migliorare anche in quei settori per i quali non si è particolarmente portati ma come confermano le ricerche, la crescita personale se orientata sui punti di forza è esponenziale.

Cos’è effettivamente un punto di forza? Secondo Buckingham non bisogna intendere un punto di forza come un qualcosa in cui si è bravi così come una debolezza non bisogna intenderla necessariamente come una mancanza. Una forza si riconosce quando non si vede l’ora di intraprendere una determinata attività, quando cioè si trae energia nel compierla. Una forza è corretto definirla come un “appetito” che spinge a volersi esercitare e perfezionarsi sempre di più. Avere appetito porta ad esercitarsi nella pratica e una maggiore dimestichezza migliora le performace.

Sfruttare a proprio vantaggio questa spinta non significa soltanto stare meglio con sé stessi ma significa alimentare e contribuire ogni giorno a migliorare le proprie prestazioni.

In un articolo per sourcesofinsight un portale che aiuta a sviluppare l’intelligenza, la creatività e le capacità, l’autore J.D. Meier riprendendo le teorie di Buckingham spiega quali sono i quattro segnali della forza: successo, istinto, crescita e necessità.

Meier invita a chiedersi: “Quali sono le tue abilità?” concentrandosi sui propri punti di forza fondamentali, quelle abilità cioè che comprendono le proprie passioni e il proprio talento.

I punti di forza

I punti di forza sono le attività che più si praticano più fanno sentire forti.

Successo: affinché un’attività sia riconosciuta come un punto di forza è necessario poterlo misurare grazie ad uno o più successi raggiunti in quel determinato campo. La presenza dei risultati ottenuti è il miglior indicatore della propria abilità.

Istinto: quando, senza sapere bene il motivo ci si sente continuamente attratti da una determinata attività, è un chiaro segnale di forza.

Crescita: investire sui propri punti di forza permette di fare crescere le proprie idee su infrastrutture celebrali solide che portano ad avere delle intuizioni migliori.

Necessità: rappresenta i bisogni, se l’istinto è inerente alle sensazioni che si hanno prima di iniziare un’attività, la necessità è legata a ciò che si prova dopo averla fatta. Alcune attività hanno un bisogno innato di essere svolte, permettono di sentirsi appagato e soddisfatto.

Buckingham sottolinea come i punti di forza si concentrano naturalmente sulle attività più vicine a noi stessi e provocano un sentimento che crea dipendenza.

Imprenditori introversi vs imprenditori estroversi

Fundera è un portale dedicato alle piccole, medie e grandi imprese statunitensi che si occupa di individuare a quali servizi un’impresa può rivolgersi per richiedere un prestito. Propone misure di finanziamento su misura a seconda del tipo di necessità.

In un articolo sul blog scritto da Meredith Wood Vice Presidente del progetto Fundera si analizzano i punti di forza e di debolezza di due tipologie di imprenditori: gli introversi e gli estroversi, caratterizzati dalle diverse personalità.

I tratti della personalità influenzano tutti gli aspetti dell’esistenza, dal modo in cui vengono gestite le relazioni sociali al modo in cui viene scelta una determinata posizione lavorativa. In particolare, sono i punti di forza e di debolezza dati dalla personalità che orientano una scelta o un’altra.

Alcuni punti di forza si manifestano più frequentemente nelle persone estroverse, al contrario personalità introverse eccellono in settori differenti.

La personalità di un imprenditore quindi, ha un impatto rilevante sul modo in cui viene gestita un’attività. Tuttavia, non esiste una personalità sicuramente di successo, la vera abilità infatti è quella di sapere come gestire i propri punti di forza e affidare a terzi quelle attività in cui non si eccelle.

I punti di forza di un imprenditore estroverso

Un imprenditore estroverso trae energia dal lavoro quotidiano a contatto con le altre persone e ha difficoltà nel trascorrere il tempo in solitudine. I suoi punti di forza sono:

  • Carisma: una spiccata capacità cioè di influenzare i processi decisionali.
  • Capacità di correre un rischio: imprenditori estroversi hanno come punto di forza la capacità di assumersi dei rischi, un aspetto importante per avere successo considerato che le possibilità di riuscire in un’attività in proprio al primo tentativo sono del 18%. Sapersi assumere un rischio calcolato può influenzare positivamente il dato.
  • Capacità di creare un network: essere propensi a stabilire nuovi contatti e socializzare con nuove persone è un punto di forza proprio degli imprenditori estroversi. Questa capacità ha risvolti positivi sul business in quanto è provato che la quasi totalità delle persone considera i confronti face-to-face indispensabili per mantenere relazioni stabili nel lungo periodo.
  • Positività: l’ottimismo proprio di un imprenditore estroverso porta benefici al business. Uno studio ha dimostrato che gli ottimisti riescono per il 37% in più nelle vendite rispetto ai pessimisti.

I punti di debolezza di un imprenditore estroverso

La capacità di ascolto attiva: è possibile che una personalità estroversa trovi difficoltà nel concentrarsi su tutti gli aspetti e i dettagli che l’interlocutore fornisce durante una conversazione.

Controllare gli impulsi: un imprenditore estroverso spesso è guidato dall’istinto, dovrebbe quindi organizzarsi in maniera tale da dedicare almeno un’ora a settimana sull’analisi delle proprie azioni e alla pianificazione delle azioni future da intraprendere.

Esercitarsi sulla concentrazione: fare degli esercizi specifici per la concentrazione, sforzandosi di lavorare almeno 50 minuti consecutivi aiuta un imprenditore dalla personalità estroversa che in genere ha difficoltà nel mantenere alta la concentrazione per lunghi periodi di tempo.

I punti di forza di un imprenditore introverso

Un imprenditore introverso al contrario trova beneficio nello stare da solo e avverte una perdita di energia quando è circondato dalle persone per lunghi periodi di tempo. I suoi punti di forza sono:

Creatività: una caratteristica facilmente riscontrabile negli imprenditori introversi, per riuscire ad aumentare i benefici dati da questa dote è bene spendere il 20% del proprio tempo in progetti e passioni esterne al proprio business principale.

Capacità di riflettere: la natura contemplativa di questo tipo di personalità ha dimostrato che consente di aumentare del 23% la performance all’interno del posto di lavoro.

Capacità di auto-motivarsi: gli imprenditori introversi sono abituati a trovare dentro sé stessi le motivazioni riuscendo a raggiungere eccellenti risultati nei tempi previsti.

Capacità di ascolto: una delle abilità maggiormente presenti è la capacità di ascolto, la precisione e la riduzione al minimo del rischio di commettere un errore.

I punti di debolezza di un imprenditore introverso

Gestire gli imprevisti e le interruzioni: un imprenditore introverso spesso ha difficoltà nel riuscire a mantenere la concentrazione a causa delle interruzioni causate da amici e colleghi. Far sapere in quali orari non si è disponibili può aiutare a gestire questa debolezza.

Parlare in pubblico: le personalità introverse hanno bisogno di molta pratica ed esercizio prima di una conferenza che li vede coinvolti in un discorso pubblico.
Socializzare con nuove persone: quando un imprenditore introverso partecipa ad eventi pubblici non riesce a sfruttare tutte le potenzialità che possono portare nuovi incontri e relazioni. Il consiglio è quello di selezionare eventi con un numero ridotto di persone.

I punti di forza delle donne lavoratrici

Workher è una piattaforma che permette l’incontro tra le donne e il mondo del lavoro offrendo percorsi di formazione, una rete per trovare contatti e gli strumenti necessari per realizzare i progetti.

In uno studio condotto dal sito si è messo in evidenza quali sono gli errori più comuni che le donne commettono in fase di un colloquio di lavoro. Al primo posto (13,9%) vi è la mancata negoziazione dello stipendio, al secondo posto l’incapacità di elencare i propri punti di forza (10,5%) e al terzo posto il non aver chiesto a quanto corrisponde il compenso (10,2%). Il sondaggio è stato condotto su un campione di 400 donne.

Dal sondaggio che vede al quarto posto l’essere visibilmente agitati e al quinto il non essere stati in grado di elencare i propri difetti emerge, come un lavoro sulla propria persona finalizzato ad avere chiari quali sono i propri punti di forza e debolezza, può aiutare ad ottenere un posto di lavoro. Un selezionatore infatti viene positivamente influenzato se un candidato è in grado di trasmettere la propria consapevolezza riguardo i punti di forza, i quali appartengono alle competenze trasversali (soft skills) un argomento trattato in questo blog e che merita di essere approfondito.

Trasformare i difetti in qualità durante un colloquio di lavoro

La multinazionale olandese Randstand specializzata in ricerca, selezione e formazione delle risorse umane ha dedicato un articolo a una delle domande più temute durante un colloquio di lavoro: “Mi parli dei suoi punti di forza e debolezza”.

Per rispondere a questa domanda in maniera corretta è necessario partire dal presupposto che si tratta di una domanda che al suo interno nasconde delle insidie. Il valutatore in primo luogo, non è interessato a ricevere una lista generali sui difetti, la sua intenzione è quella di valutare il grado di consapevolezza che si ha riguardo le proprie debolezze professionali.

Nel rispondere bisogna sì essere sinceri ma senza dimenticare che la domanda nasconde un test finalizzato a valutare il tipo di reazione che si ha a fronte di una “domanda scomoda“.

Il consiglio fornito dall’agenzia olandese è quello di non divagare né tanto meno rispondere con un poco realistico: “Non ho alcun punto debole!”. Essere consapevoli delle proprie capacità è un punto di forza che mette al riparo dal rischio di sopravvalutare le proprie abilità.

In conclusione, la raccomandazione è quella di presentarsi per quello che si è realmente e di prepararsi adeguatamente a rispondere ad una domanda inerente ai propri punti di forza e debolezza.

I punti a proprio favore possono essere descritti riferendosi ai successi e alle conoscenze acquisite durante le passate esperienze lavorative; dal lato dei punti deboli invece l’ideale è saper ammettere i propri errori e mancanze ma allo stesso tempo dimostrare la presenza di impegno e consapevolezza verso il miglioramento personale.

Punti di forza, studi e letteratura scientifica

In un articolo dal titolo “Strength Use in the Workplace: A Literature Review”, gli autori Marine Miglianico dell’ Université du Québec à Trois-Rivières e Charles Martin-Krumm dell’Ecole de Psychologues Praticiens de Paris – Institut Catholique de Paris, hanno raccolto la letteratura presente sull’uso dei punti di forza in un ambiente di lavoro. Lo studio dimostra come incentivare i lavoratori a coltivare e puntare sulle proprie abilità migliora la soddisfazione lavorativa, il grado di coinvolgimento, il benessere e le performance.

Quando un’azienda riscontra problemi di burnout, turnover e assenteismo è probabile che alla base siano presenti problemi di scarsa realizzazione personale e professionale tra i dipendenti. Secondo Buckingham e Clifton (2001) la maggior parte delle aziende non dà rilevanza ai punti di forza dei dipendenti al contrario mette in risalto le debolezze anche se minime.

La conseguenza è che i datori di lavoro tendono di correggere le mancanze, le debolezze e le attitudini dei dipendenti attraverso corsi di formazione, feedback e coaching (Linley et al. 2009; Van Woerkom et al. 2015). Se da un lato tale approccio aiuta i dipendenti a migliorare le competenze e le performance, dall’altro può essere demoralizzate e meno efficace rispetto che concentrarsi sui punti di forza individuali (Hodges e Clifton 2004).

Come sostenuto da Lindey et al. 2009, Roberts et al. 2005, l’approccio migliore per un’impresa è quello di investire nei punti di forza delle persone e non cercare di gestire i punti deboli. Se minimizzare le debolezze può prevenire un insuccesso o un fallimento non esaltare i punti di forza non permette di valorizzare al massimo le potenzialità di un lavoratore.

Studi sul tema sono stati condotti da Quinlan et al. (2012), e da Ghielen et al. (2017). Sono stati individuati diciotto studi sperimentali. I risultati ottenuti dimostrano che, laddove sono state utilizzate pratiche per valorizzare i punti di forza si sono ottenuti effetti positivi dal punto di vista del benessere (affetti, soddisfazione personale) del lavoro (migliori prestazioni e maggiore impegno) e iniziative personali finalizzate alla crescita del lavoro (maggiore coesione con i colleghi e maggiore predisposizione alla condivisione delle informazioni).

In un articolo per Harvard Business Review, l’autrice Laura Morgan Roberts prof.ssa all’University of Virginia’s Darden School of Business, e co-editrice di Race, Work and Leadership: New Perspectives on the Black Experience, spiega come le persone possono comprendere e utilizzare a proprio favore il talento.

Laura Morgan Roberts pone l’accento su come durante i processi di selezione del personale le domande si concentrano nell’ambito delle “opportunità di miglioramento” anche quando il profilo del candidato nel suo complesso è positivo.

Numerosi studi dimostrano come le persone hanno la tendenza a prestare molta più attenzione alle informazioni negative piuttosto che alle positive; una tendenza che come già visto porta le imprese ad utilizzare un approccio correttivo delle debolezze piuttosto che un approccio che valorizzi i punti di forza. Se come suggerito da Gallup Marcus Buckingham, Donald Clifton e altri, le aziende si concentrassero sul promuovere l’emergere dell’eccellenza identificando i punti di forza, si potrebbero ottenere risultati che generano fiducia e desiderio di migliorarsi da parte dei dipendenti.

Harvard Business ha sviluppato uno strumento chiamato Reflected Best Self (RBS) che consente ai manager e al personale di sviluppare al massimo i propri punti di forza. L’RBS deriva da approcci utilizzati nell’ambito della positive organizational scholarship (POS). Gli studi in questo settore consistono nel valutare come le persone reagiscono quando i manager di un’azienda si concentrano sui punti di forza e quando al contrario sui punti di debolezza.

Il metodo RBS è sviluppato in tre passaggi. Il primo è quello di ottenere una valutazione il più possibile veritiera sui punti di forza di una persona raccogliendo i contributi provenienti dai colleghi, familiari, amici, insegnati.

Il secondo passaggio è la raccolta e catalogazione dei risultati ottenuti. I risultati sembrano essere uniformi nonostante l’eterogeneità del campione chiamato ad esprimere un parere.

Infine, nel terzo passaggio viene stilato un profilo della persona in base alle informazioni raccolte. Il profilo ottenuto non deve essere considerato come un profilo psicologico cognitivo completo, piuttosto è da ritenersi come un promemoria che possa aiutare una persona ad avere una migliore conoscenza di sé stessa.

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