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Manel: c’è chi dice no, anche in Italia

In italia il manel e’ iniziato con Giuseppe Provenzano il ministro per il Sud e la coesione territoriale, l’8 giugno 2020 che ha declinato l’invito a partecipare ad un convegno virtuale dedicato al ruolo delle città intermedie nei processi di ricostruzione del Paese post pandemia causata dal Coronavirus.

Il ministro si è rifiutato di partecipare all’incontro una volta realizzato che al convegno erano presenti solo uomini (sindaci, docenti, rappresentanti di settore). Un gesto che ha riportato l’attenzione sugli squilibri in termini di rappresentanza tra uomini e donne all’interno dei convegni e più in generale nei processi decisionali. Le parole di Provenzano definiscono quest’usanza come: “l’immagine non di uno squilibrio, ma di una rimozione di genere […] spero in un prossimo confronto. Non dimezzato”.

Un comportamento che segue la presa di posizione messa in atto da Francis Collins, direttore del National Institute of Health (N.I.H.) quando in un documento dal titolo: “Time to End the Manel Tradition” ha esternato tutte le sue preoccupazioni riguardo la sotto rappresentanza delle donne nel mondo della scienza, dichiarando inoltre, di rifiutarsi a prendere parte alle riunioni che non prevedano l’inclusione delle donne.

Ad opporsi ai Manel sono nati diversi movimenti a tutela delle donne, sono organizzazioni che monitorano costantemente la presenza di eventi e riunioni di natura discriminatoria. In Belgio, un paese all’avanguardia sotto il profilo lavorativo e delle pari opportunità è stata fondata la piattaforma Brussels Binder che si propone come un portale dedicato a dare voce alle donne europee.

La mission di Brussels Binder è di migliorare la rappresentanza di genere all’interno dei dibattiti politici che ogni giorno si svolgono a Bruxelles. Lo scopo del movimento è dare più potere e voce alle donne attraverso una partecipazione attiva che possa modellare le nostre vite ed essere di ispirazione per le generazioni future.

Il portale contiene un database pubblico e gratuito nel quale sono presenti i profili di donne qualificate ed esperte in una moltitudine di settori.

Disparità tra uomini e donne, la scienza non ha genere

La parola “scienziato” non descrive un genere specifico, eppure la maggior parte dei relatori e oratori alle conferenze scientifiche sono uomini. Così esordisce la giornalista Pam Belluck in un approfondimento sul fenomeno Manel, pubblicato per il “The New York Times”.

Un’usanza documentata anche in uno studio pubblicato dal PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences) che ha analizzato le differenze di genere nei relatori prendendo come campione 50 college universitari statunitensi.

Lo studio del PNAS rivela che all’interno delle facoltà le donne sono considerate diversamente rispetto agli uomini. Evidenze dimostrano come le donne dispongono di meno spazi all’interno dei laboratori e uffici, meno finanziamenti per le attrezzature e per le attività di ricerca, oltre che percepire un salario inferiore rispetto i colleghi uomini.

Recenti dati confermano che negli ultimi venti anni i progressi in termini di rappresentanza e parità di salario tra i generi sono stati lenti. Tra le motivazioni che la ricerca del PNAS mette in evidenza vi sono:

  1. Le donne devono fronteggiare maggiori impegni familiari che le portano ad avere salari più bassi e minori possibilità di un avanzamento di carriera.
  2. Gli uomini sono influenzati da stereotipi che danno origine ad un trattamento diverso a seconda del genere. Stereotipi che assumono la forma di veri e propri pregiudizi a volte inconsapevoli che influenzano l’ingresso nel mercato del lavoro e gli avanzamenti di carriera.

L’integrazione dei generi è un aspetto particolarmente sentito in Europa, la cui importanza è sottolineata anche nel manuale del Programma Quadro europeo per la ricerca e l’innovazione: Horizon 2020.

Come specificato dalla Commissione Europea, nel presentare richiesta di finanziamento per i progetti di sviluppo, gli enti, le Università e le imprese devono prestare attenzione alla Gender equality.

Un’equa rappresentanza delle donne all’interno dei progetti garantisce un valore aggiunto in termini di eccellenza, creatività e opportunità commerciali. Inoltre, aiuta i ricercatori ad affrontare le norme e gli stereotipi e in generale è modo di procedere che tiene conto delle diverse esigenze e comportamenti tra i generi.

Differenze di genere: gli scienziati declinano le opportunità

Le dichiarazioni del Dr. Francis Collins e del ministro Giuseppe Provenzano non solo gli unici episodi che hanno visto un rifiuto da parte di personalità illustri nel partecipare a convegni e riunioni Manel.

Il primo “no” che ha scaturito un certo rilievo mediatico risale al 2014 quanto il microbiologo dell’University of California, Jonathan Eisen si è rifiutato di partecipare ad un Manel. Da quel momento sono stati molti gli episodi simili.

È il caso, ad esempio, del neuroscienziato Rogier Kievit che nell’agosto 2018 ha declinato l’invito ad entrare nel comitato editoriale di una rivista scientifica una volta aver realizzato la disparità di rappresentanza tra uomini (21) e donne (3).

Kievit è un convinto sostenitore no Manel tanto da far parte di una comunità di attivisti che declina le opportunità professionali per via della mancanza di rappresentanza femminile.

Il Prof. e Dr. Casper Albers della Groningen University ha rifiutato di far parte del comitato di selezione per l’elezione del nuovo presidente della sua Università dichiarando: “ll comitato aveva quattro uomini e una donna, che era troppo sbilanciato dal mio punto di vista”.

È grazie alle indagini empiriche inerenti alle disuguaglianze di genere che è aumentata la consapevolezza sul tema all’interno della comunità scientifica. Così come dimostrato dal rapporto stilato dallo studioso di paleoceanografia Heather Ford. Un’analisi che ha evidenziato tra il 2014 e il 2016 la presenza delle minori opportunità che donne hanno di intervenire alle riunioni dell’American Geophysical Union (AGU).

Il rapporto spiega come le conferenze a carattere scientifico siano particolarmente utili in quanto mostrano i progressi raggiunti da un determinato settore oltre che, offrire importanti opportunità per la creazione di networking (articolo Networking) e collaborazioni.

La sotto rappresentanza delle donne che prendono la parola durante le conferenze, spesso manca del supporto di dati. Per questo motivo l’indagine è stata condotta raccogliendo le liste degli invitati negli ultimi 35 anni alle quattro conferenze internazionali sulla virologia: l’American Society for Virology Annual Meeting (ASV), l’International Herpesvirus Workshop (IHW), il Positive-Strand RNA Virus Symposium (PSR), e la Gordon Research Conference on Viruses & Cells (GRC).

I dati raccolti hanno mostrato chiaramente la dominanza di interventi presieduti da uomini, anche se lentamente si sta assistendo ad una maggiore tutela delle donne grazie all’organizzazione di conferenze che prevedono un’equa rappresentanza tra i generi.

In conclusione, lo studio fornisce tre importanti spunti di riflessione che l’organizzazione di meetings e conferenze dovrebbe considerare:

  1. La sotto rappresentanza delle donne invitate alle conferenze è un problema reale che la comunità deve riconoscere e risolvere collettivamente.
  2. La trasparenza è il mezzo con il quale il fenomeno Manel può essere eliminato. Una volta che il problema è emerso infatti, si sono notati dei miglioramenti in termini di rappresentanza confrontando i dati delle conferenze che hanno avuto luogo tra il 2008 e il 2016.
  3. Conferenze di soli uomini possono essere evitate attraverso un lavoro di squadra nel quale gli organizzatori devono impegnarsi per facilitare l’inserimento delle donne all’interno delle conferenze.
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